Sarà difficile pensare di non scorgerlo, scendendo gli ultimi scalini del passaggio dal piazzale del Viticcio al piano-terrazza del suo ristorante, volgendo la testa per dare un'occhiata ed un'annusata di contrabbando alla cucina. Ci tornerà strano non vederlo, Giacomino Sardi, con il suo grembiule bianco da cucina e gli occhiali calati sul naso per guardare da vicino lasciando gli occhi intelligenti, sornioni e un po' beffardi liberi di farsi guardare. Ma dovremo abituarci perchè Giacomino ha lasciato per sempre tutto quello che amava tanto la famiglia, il Viticcio, il mare, le pentole odorose del suo lavoro. Se ne è andato via "alla zitta" durante lo sciopero dei giornali, non ha avuto grandi necrologi, non ci sono state importanti enti, associazioni o maggiorenti che hanno sottolineato la sua partenza, a 67 anni appena, dopo poco più di un anno di lotta con una malattia crudele. Eppure questo posto con la sua uscita di scena qualcosa di importante lo ha perso. Non ci riferiamo al sapiente dare da mangiare di Giacomino, che ha giocato come il ruolo di testimone di passaggio di una cultura etnogastronomica che comunque qualcuno ha già raccolto. No, quello che abbiamo perso con lui è un autentico brano di storia di un tratto di costa. Ci ricordiamo alcune chiacchierate con Giacomino (ora ci sembrano troppo poche e troppo frettolose) i racconti del Viticcio e dell'Enfola di un tempo in cui il turismo era lontano da venire quando tutti da queste parti campavano di agricoltura e pesca. E lui ci raccontava come con modestia, con tanta fatica e "senza grilli pel capo", era riuscito a interpretare il passaggio da quell'Elba all'Isola dei nostri giorni, facendosi imprenditore, irrobustendo un'azienda di quelle dell'economia virtuosa e non virtuale, di quelle dell'Elba seria e che funziona Ma soprattutto ci tornano in mente in ordine sparso le tonnnare, il muoversi delle persone sugli stradelli dalla Biodola all'Acquaviva, la scuola del primo dopoguerra, le pescate in un mare certo meno redditizio ma più pulito. Una volta senza accorgersi di parafrasare Villon ci disse: "Dove so' andate l'orate d'un tempo?" Un abbraccio ad Antonietta ed alle bimbe dalla Redazione di
golfo viticcio panorama