Spesso la chiave di volta di problemi avvertiti come insormontabili è sotto i nostri occhi. L’ovvietà rende ciechi. Basta guardare al passato per intravedere una via di fuga all’immobilismo di queste stagioni e il convegno promosso oggi dalla Comunità Montana sulla difesa del nostro territorio e delle nostre ricchezze ambientali può rappresentare lo spunto per un rilancio in questo senso. Il nostro turismo, da cinquanta anni, si basa sulla straordinaria potenzialità ambientale, sulla caparbietà e l’abnegazione di almeno due generazioni di appassionati operatori. Ma è invecchiato, così come i suoi artefici, come l’ambiente e il territorio che lo hanno ospitato e sostenuto, e che ne sono stati in parte consumati. Si avverte oggi la necessità di una rilancio, che non può prescindere da una seria riflessione sulle aspettative che la società elbana dovrà darsi in campo economico e sociale, per garantire uno sviluppo sostenibile e un futuro quantomeno dignitoso alle generazioni a venire. Il consorzio «Costa del Sole», nato nel 1998, ha fatto la sua scelta, dandosi come obiettivo primario quello di «favorire lo sviluppo attraverso la qualificazione dell’offerta turistica, sfruttando in generale l’opportunità di un clima e un ambiente di alta qualità, privilegiando il prolungamento della stagione anziché l’incremento della ricettività». Consapevoli che non dobbiamo lasciarci omologare a modelli estranei alla nostra cultura e che dobbiamo difenderci dal processo di banalizzazione del turismo ormai in atto in gran parte del territorio elbano. Consapevoli di dover impostare l’offerta turistica su una fruibilità rispettosa delle risorse ambientali, attraverso la riscoperta delle radici: la valorizzazione della cultura contadina, il recupero del territorio e delle sue funzioni primarie. Consapevoli che attorno al cibo di qualità, alla viticultura, al turismo attento e rispettoso delle tradizioni e dell’ambiente è possibile costruire e sviluppare nuove occupazioni. Consapevoli, infine, che tutto ciò richiede una diffusa coralità di partecipazione (enti, categorie economiche, scuola, associazioni) e che la ricaduta di durevoli benefici si avrà solo nel medio-lungo termine. In molte occasioni, purtroppo, le nostre enunciazioni di intenti sono state interpretate come utopiche. Ma noi insistiamo. Crediamo che il modello di turismo balneare elbano sia in difficoltà per ragioni diverse e che non ci sia più spazio per uno sviluppo in termini quantitativi, che una correzione nel senso della qualità sia ancora possibile, ma solo in presenza di un progetto di contenimento e magari anche di conversione di parte delle nostre quote di ricettività, guardando una volta per tutte a un concetto ormai inflazionato: la «destagionalizzazione». Gli spunti a operare in questa direzione non mancano all’Elba. Grazie ad alcuni coraggiosi e appassionati operatori, sono nate diverse nuove aziende agricole, qualcuno tenta di contendere ai cinghiali piccole porzioni di terrazzamenti da destinare a vigne, orti o uliveti. Qualcuno, insomma, tenta di far rivivere gli aspetti più pregevoli di un passato non troppo remoto. Ma, fatto ancora più interessante, alcuni alberghi hanno iniziato a servirsi di prodotti locali o a produrre in proprio parte del fabbisogno di ortaggi e frutta ricevendone, se non un diretto beneficio economico, un grande ritorno di immagine e di gradimento da parte degli ospiti. Ecco, il recupero di un’agricoltura locale potrebbe rappresentare una risposta per ottenere quel valore aggiunto necessario alla ripresa e al confronto con altre realtà in competizione con noi sul mercato dell’offerta turistica. Potrebbe essere anche un contributo di grande valore per la sicurezza del territorio, che si ottiene più con il presidio interessato che con gli interventi saltuari. Ed è anche per questa ultima ragione che chiediamo alla Comunità Montana e al Parco Nazionale di essere più presenti e più disponibili a favorire e accompagnare la tendenza al recupero agricolo del nostro territorio. Un esempio per tutti. Pensiamo nella Costa del Sole alla valle di Pomonte, per millenni fonte di vita di una comunità più numerosa di quella attuale, oggi esclusivo dominio degli ungulati. Siamo convinti che la realizzazione di una semplice stradina di fondo valle costituirebbe, oltre che una struttura utile al mantenimento della sicurezza, un incentivo al recupero funzionale di parte del territorio e una opportunità per l’offerta turistica. Il concorso sinergico di istituzioni, operatori turistici e agricoltori, potrebbe dar vita a un modello isolano di sviluppo compatibile, sostenibile e durevole, a cominciare dagli interventi più marginali e semplici. Nessuno può garantire certezze di successo ma riteniamo valga la pena di tentare.
pomonte panorama
pomonte spiaggia sassi
San Bartolommeo Pomonte