Nel volgere di pochi minuti la stessa TV ci ha trasmesso le immagini di due politici che più diversi non potevano essere. Abbiamo visto un vecchio truccato davanti ad un leggio volutamente basso, volutamente dal basso inquadrato per determinare l'impressione di una centimetrica crescita, arringare come un venditore di terraglie in un mercatino rionale una delle sue corti dei miracoli. Lo abbiamo visto e sentito per trenta interminabili secondi urlare insulti sensa riscontri e senza senso ai suoi avversari politici davanti alla turbinosa platea dei supporter che forse così intendeva caricare psicologicamente. Lo abbiamo sentito rinfacciare a qualcuno di avere negli emblemi "i simboli di morte del comunismo" lui grande amico della spia comunista del KGB Putin, lui che ci ha trascinato in una guerra infinita costruita sulle menzogne, lui che ci ha reso moralmente corresponsabili dei bombardamenti al fosforo bianco di donne e bambini solo per compiacere un petroliere texano in affari con la famiglia Ben Laden. Osceno, abbiamo pensato, semplicemente osceno in queste sue ultime repliche da Ambra Jovinelli, bruciato dentro da un fosforo d'odio che risparmia solo l'involucro esterno e lo sta trasformando in una imbellettata mummia. Pochi minuti dopo in uno studio di solito molto vivace e pieno di un pubblico partecipe non si sentiva volare una mosca: Oscar Luigi Scalfaro parlava della sua (e della nostra) Costituzione che un palazzinaro di Arcore e un cacicco della Val Camonica hanno fatto a brandelli. Ci è venuto da pensare ad una cosa accaduta tanti anni fa: eravamo ragazzini e caciaroni e con tanti altri come noi entrammo in un teatro, sembrava impossibile si potesse udire là dentro il suono di una chitarra acustica priva di amplificazioni eppure, quando quel vecchio signore, si chiamava Andrés Segovia, iniziò a sfiorare le corde, tutte le note arrivarono fino nel loggione, improvvisamente la gente badò perfino a respirare più silenziosamente, perché quello sì che era suonare, ascoltare musica.
Andres Segovia chitarra