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La Rocca (chiusa) del Giglio

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 17 novembre 2005

Riceviamo dal Presidente dell’Associazione Amici Prof. Arch. Bruno Begnotti questa importante testimonianza sul monumento storico della Rocca Pisana di Isola del Giglio condividendo con lui il “grido di dolore” che speriamo qualcuno raccolga e si adoperi per la riconsegna alla comunità gigliese di questa gloriosa vestigia della storia e cultura isolana. Alvaro Andolfi "Migliaia sono i turisti che vengono ogni anno al Giglio, specie nella buona stagione, dall’Italia e dall’estero. Per la maggior parte sono interessati al suo mare invitante; molti, oltre ai bagni, alle immersioni e alla pesca, cercano il resto dell’Isola, le sue molte attrattive, la storia, le tradizioni. Il Castello, per esempio, che suscita stupore anche visto da fuori, con mura e torrioni arcigni che evocano scenari di assalti violenti e difese disperate. Dentro, le strade, anguste e pericolosamente scoscese e ancor più strette per la presenza delle ardite scale a giorno, di granito a sbalzo dai muri, si inerpicano sotto gli archi che, contrafforti di sostegno alle case, scoprono vedute improvvise di poggi e di mare. Finita la salita si apre alla vista il lungo spiazzo da cui si eleva, possente e misteriosa, l’alta muraglia della Fortezza, o Rocca, della quale gli antichi nemici dicevano che “è da guardare e lasciar perdere” Qui la curiosità del turista si accende, nel desiderio di entrare a vedere, conoscere, scoprire forse storie e suggestioni antiche. Niente da fare, la Rocca del Giglio è chiusa, inaccessibile, interdetta ai più. E’ da restaurare e può nascondere perciò pericoli per chi si avventurasse fra le sue mura fatiscenti: lo ha stabilito la Soprintendenza. Per la verità, una parte della Rocca è già stata restaurata – anche se con tempi di esecuzione più che biblici – e consegnata al pubblico godimento, in occasione delle cerimonie per il secondo centenario dell’ultima incursione dei Tunisini, quando il soprintendente Prof. Valentino fece solenne e pubblica promessa che il restauro della parte rimanente sarebbe stata questione di poco tempo. Promessa non mantenuta. Non solo, ma anche gli ambienti già restaurati sono stati richiusi. La chiave viene concessa dalla Soprintendenza, a proprie discrezione e a pochi sudditi privilegiati. Perché? Al turista deluso offriamo, a parziale risarcimento, qualche notizia. E’ chiamata Rocca Pisana perché, probabilmente, faceva parte del sistema difensivo costiero della Repubblica di Pisa, costruita ex novo oppure ricavata convertendo in caposaldo armato una costruzione esistente, cioè, come suppone Virginio Magi, un convento di frati. Ci sono elementi che potrebbero avvalorare questa tesi, dato che L’esistenza del primo insediamento a Giglio Castello fu fra il 798 e il 1200. Maggiormente attendibili le testimonianze che vengono dai documenti del dopo il 1544, anno in cui il Barbarossa assalì il Castello, fece schiavi gli abitanti e diede fuoco a case, cose e documenti. Poco dopo il Giglio diviene proprietà dei Medici di Firenze e, da allora e per tre secoli, sarà punto di difesa armata e di avvistamento in mare del Granducato di Toscana. Molto efficiente, evidentemente, visto che certi corsari saraceni offrono all’isola l’impunità in cambio della sospensione della attività di avvistamento fatta a danno loro e dei loro bastimenti. La Rocca è il fulcro di quella attività, unitamente alle Torri – del Porto, del Lazzaretto e infine del Campese – ai Casotti di Scoperta – Capel Rosso, Piana, Vena, Fenaio e poi anche Castellare – e alle altre costruzioni, programmate ma non realizzate, come il Fortino sul Poggio della Chiusa, a difesa del Castello, il Forte sul Poggio del Castellare, a difesa della costa di levante, il Fortino al Franco o a Sparavieri, in difesa della costa di ponente. La Rocca, o Fortezza, è anche, per due secoli, sede del Governatore e della Amministrazione Civica, luogo ove si amministra la giustizia, si detengono i rei, si raduna il Consiglio, si conservano gli archivi, si celebrano le Sacre Funzioni, nella grande chiesa della Trinità prima, e poi nella Cappella di Santa Barbara. Ne fanno testo tutti i documenti che ci sono pervenuti: i disegni della sua pianta, come quelli di Odoardo Warren, del 1749, o di Daniele Manzini, del 1847; i molti rapporti di inviati speciali o cronisti o studiosi, dal Pieroni, al Nini, al Brizzi all’Arciduca Luigi Salvatore d’Austria e ai molti altri; i verbali delle sedute consiliari, i libri dei Governatori e così via. Con l’Italia unita l’importanza militare dell’Isola ovviamente declina. La Rocca serve ora lo Stato come stazione semaforica e poi come radiofaro per le linee aeree. In conclusione, la Rocca racconta la secolare vicenda isolana: la Rocca, si può dire, è essa stessa la storia del Giglio. E’anche il testimone di secoli di tribolazioni, di dolori, di lotte, di sacrifici per la vita del popolo gigliese, al quale dunque la Rocca deve essere doverosamente restituita. Deve potere svolgere il suo nuovo compito: insegnare ai giovani, ricordare ai vecchi e documentare ai turisti e agli studiosi. Sale per convegni, riunioni, spettacoli, proiezioni e mostre; spazi per i musei della storia, delle civiltà contadina e marinara, archeologico, minerario; locali per il deposito e la consultazione dell’archivio storico; sede di associazioni culturali, artigianali, commerciali eccetera e quant’altro è lecito e doveroso. Queste sono le destinazioni possibili degli ambienti della Rocca restaurata. Una illusione, un sogno, una speranza. Sta ai cittadini gigliesi che diventi realtà; alle Autorità che venga riconoscere il loro diritto sacrosanto".


Giglio  La Rocca

Giglio La Rocca