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Controcopertina: Il tesoro del Polluce in una nota dell'APT

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 04 novembre 2005

Porto Azzurro - Parecchie migliaia di “colonnati” spagnoli d’argento, molte decine di monete d’oro da 20 franchi francesi. E poi una forchetta e un cucchiaio d’argento, un calamaio di vetro nero d’inchiostro essiccato, qualche bottiglia rotta, un vaso di terracotta in perfette condizioni, brandelli di fasciame con conficcati chiodi di rame, qualche pezzo di carbone compatto e pesante per i 164 anni trascorsi a oltre cento metri di profondità. Dalla notte del 17 giugno 1841, quando il Polluce, piroscafo a ruote fiore all’occhiello della flotta De Luca – Rubattino affondò in seguito alla collisione con il “pacchebotto” napoletano Mongibello, fino ad oggi , quando le prime ceste con i reperti raccolti dai sommozzatori d’altofondale della Marine Consulting sono stati issati in coperta sul pontone attrezzato Meloria tutto è rimasto come quel giorno. Si è trattato – hanno chiarito gli archeologi – di una raccolta manuale preliminare di reperti visibili sulla fiancata sinistra del relitto, probabilmente oggetti ricaduti dalla benna usata dai saccheggiatori che aggredirono i resti del Polluce nel febbraio 2000. “In mezza giornata abbiamo recuperato più monete di quante ne raccolsero quei clandestini in un mese. Dire che sono felice è poco” ha dichiarato il sindaco di Porto Azzurro dottor Maurizio Papi. L’idea di recuperare il carico prezioso del Polluce è stata ispirata da tre anni di ricerche effettuate da Enrico Cappelletti e Gianluca Mirto che hanno ricostruito in un libro, L’oro dell’Elba, la storia della nave, fino al saccheggio compiuto da un gruppo di avventurieri italo-inglesi, all’intervento dei carabinieri, quindi di Scotland Yard, alla restituzione all’Italia delle 2000 monete d’argento, 400 d’oro e dei gioielli strappati al relitto con una benna, alla cieca. Il recupero del Polluce ha avuto termine ma non è finito. Dal punto di vista della documentazione storica l’operazione ha avuto un esito più che positivo, ce n’è quanto basta per allestirne un museo sull’isola d’Elba. Ma una seconda missione, magari già l’anno prossimo, potrebbe far tornare alla luce diretta del sole l’imponente macchina a vapore, quel che resta delle ruote e altre parti della nave. E magari fare luce piena sui molti misteri che circondano il Polluce


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