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Controcopertina: Da Bologna all'Elba i problemi della legalità quotidiana

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 03 novembre 2005

Ciao Sergio, la premessa è breve: lavoro da quasi vent’anni a Milano, ma sono residente a Bologna, dove torno ad ogni fine di settimana. Immagino avrai già inteso il motivo della mia sollecitazione: i recenti avvenimenti che hanno visto protagonista il Sindaco della città emiliana. A tal proposito, sul tema della legalità, che mi preoccupa e non poco, mi sento di concordare con la strategia che sta attuando il Sindaco di Bologna, ma io credo sarebbe necessario guardare anche ad altri settori della vita. Mi riferisco, in particolare, al controllo della viabilità cittadina. Naturalmente, l’esempio che porto è quello milanese, ma credo possa essere esteso a tutte le città italiane. Io non so chi sia preposto al controllo del traffico sia automobilistico, sia motociclistico, perché non vedo tutori dell’ordine che molto raramente, ma vedo, con grandissima frequenza, tanti motociclisti che attraversano semafori, anche se non autorizzati, perché il segnale indica rosso (stranamente, sono attenti, laddove, in pochissimi casi, una telecamera rileva le infrazioni), o che percorrono strade a senso unico in violazione del divieto, o che salgono sui marciapiedi e, addirittura, sotto i rari portici, o attraversano isole pedonali, senza tenere conto di diritti dei pedoni. Non sono da meno non pochi automobilisti, che si limitano, si fa per dire, a non rispettare i semafori, oltre che a parcheggiare l’auto nelle situazioni più impensabili. Le infrazioni dei ciclisti sono certamente meno pericolose, ma non meno frequenti. In definitiva, una platea molto vasta che fa delle regole e della Legge un semplice accessorio. Che dire? Certo, nella vita c’è molto di peggio, a livello d’illegalità, ma anche questi comportamenti contribuiscono, dal basso, a creare le condizioni, affinché la società, nel suo complesso, s’avvii ad essere sempre meno rispettosa e apra le porte ad un possibile degrado. Io credo, comunque, che, come sempre è accaduto nel corso dei secoli, si tornerà, gradualmente, a comportamenti meno aggressivi e maggiormente indirizzati ad una presa di coscienza generalizzata. Confido nella teoria vichiana dei corsi e ricorsi storici, per propendere verso una forma d’ottimismo, anche se con molta discrezione. Qual è il tuo pensiero, Sergio, sia a proposito della situazione bolognese, sia delle considerazioni che ti ho portato? Un saluto. Angelo Drusiani Caro Angelo Sono da troppo tempo lontano da Bologna (città che ho assiduamente frequentato in altri periodi della mia vita) per esprimere un parere che abbia piena validità sull'operato del Sindaco, sia in relazione a quanto scrivi tu che alle notizie delle ultime ore. Ti rispondo per come posso con delle "opinioni in ordine sparso" sperando che abbiano un minimo di valenza e per quanto riguarda Bologna e per la assai meno importante realta territoriale nella quale vivo. Intanto vorrei dire qualcosa che potra sembrare fuori luogo in un momento in cui si paventa una rottura a sinistra: credo che quando una discussione non è sono uno scontro di interessi ma soprattutto di valori, se non nell'immediato alla lunga ne emerga un'occasione di crescita della comunità. Chi difende la linea del Sindaco bolognese fa riferimento ad una pressante richiesta di legalità (che è un valore), chi si oppone da sinistra a Cofferati lo fa in nome della tolleranza e della solidarietà verso cittadini meno fortunati (che è un altro valore) e chi amministra seriamente una qualsiasi istituzione democratica altro non fa ogni giorni che mediare tra i valori. Ciò premesso, correndo il rischio di inimicarmi gli amici di una "sinistra sostanziale" di cui mi sento parte, credo sia opportuno affermare che l'emergenza-valore legalità debba precedere perfino (sottolineo perfino) l'emergenza-valore solidarietà, il perchè è che solo in un contesto di legalità radicata si possono fare politiche solidali si può pensare ad uno sviluppo positivo della società. Per tornare da Bologna all'Elba mi preme ricordare alcuni dati che possono pure apparire incoerenti ma che messi insieme costituiscono una specie di cocktail infernale: L'Elba è il comprensorio più ricco della Toscana; L'Elba e il comprensorio meno scolarizzato della Toscana; Il teritorio isolano è tanto frammentato amministrativamente che vi ha sede il comune che è secondo in Italia (preceduto solo da Ghilarza) per minor estensione territoriale; La "legalità quotidiana" è terreno così sconosciuto che all'epoca del primo condono edilizio furono presentate oltre 1300 richieste di sanatoria in un Comune che contava 3000 anime lattanti e suore comprese (e anche le Suore del Preziosissimo Sangue presentarono la loro brava richiesta di condono); In rapporto alla sua territoriale limitatezza credo che siamo stati con la continua Elbopoli che stiamo vivendo negli ultimi anni, un comprensorio che ha visto un numero di inchieste e procedimenti giudiziari a carico di amministratori ed altri pezzi dello Stato oltre che a carico di imprese riscontrabile forse solo nel profondo sud; Una sintesi spietata di quanto sopra esposto porterebbe a dire che gli elbani sono mediamente ricchi, ignoranti, sprezzanti della legge, assurdamente frammentati ed amministrati da una classe politica ed imprenditoriale di pessima qualità se non sotto il profilo morale almeno sotto quello della avvedutezza. Sento già, caro Angelo suonare le trombe (anzi i tromboni) del senatore, dell'elbaglielbisti, dei difensori della patria elbana vilipesa, dei poveri si spirito che si attaccano al campanilismo per non attaccarsi al tram. Ma i numeri sono numeri. Tutto questo per dire caro Angelo che a mio parere, il risanamento dei contesti sociali, siano essi bolognesi, elbani o della Scurcola Marsicana, siano essi di destra o di sinistra, si ragioni di economia o di traffico stradale, per altra strada non possono passare se non per quella dell'educazione alle piccole e grandi legalità. E vorrei terminare questo ragionamento con un paradosso. Quando ancora stavo in un partito di cui potevo essere orgoglioso, mi sentivo spesso accusare di essere "fuori linea", e rispondevo invariabilmente che proprio l'esistenza di chi è fuori linea dà un senso logico al concetto di linea. Ugualmente dico oggi agli amici disobbedienti, critici rispetto ai prodotti sociali della legalità vigente, che solo l'esistenza di una legalità da un senso al loro disobbedire, e può favorire lo stabilirsi di una nuova e più socialmente avanzata legalità. Fuori da questi schemi temo si vada alla deregulation della legalità dei berlusconiani o si veleggi verso il salottiero anarchismo, il ribellismo generico che non ha mai giocato a favore dei dannati della terra, degli ultimi di questa società.


Sergio Cofferati

Sergio Cofferati