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Il rischio del bracconaggio, in mare come in terra

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 02 novembre 2005

Le importanti operazioni di questi giorni della Guardia Costiera della Capitaneria di Porto di Portoferraio contro la pesca di frodo – con sequestro di reti anche nella Zona di Tutela Biologica dello Scoglietto-Capobianco e nelle acque di Palmaiola, una piccola isola Zona di Protezione Speciale dell’U.E. - e della Polizia Provinciale contro il bracconaggio – 38 lacci d'acciaio, una trappola metallica con chiusura a caduta ed una pericolosissima "tagliola" in ferro ritrovati proprio ai confini del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano – dimostrano quanto sia reale l’allarme bracconaggio più volte lanciato da LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano. La preziosa opera di prevenzione e repressione delle forze dell’ordine si scontra però con un’attività illegale molto diffusa e che non trova un’adeguata legislazione a contrasto. I bracconieri sono spesso noti, più volte fermati dalle stesse forze di polizia e multati, ma tornano poi a delinquere, essendo il guadagno del bracconaggio superiore alle sanzioni amministrative che vengono comminate. Clamoroso i casi di un bracconiere recidivo nominato responsabile di un Consorzio di cacciatori o quello di pescatori di frodo ritrovati a pescare con attrezzi proibiti, a volte già sequestrati in precedenza. Con l’arrivo dell’autunno e del maltempo, sembra come sempre riprendere l’assalto a Pianosa, le cui acque dovrebbero teoricamente essere inviolabili. Lo scorso inverno LEGAMBIENTE segnalò addirittura, con tanto di foto, episodi di pesca direttamente dalla costa dell’isola piatta – fenomeno che non sembra scomparso, vista la recente segnalazione di “filaccioni” calati lungo la costa - , ma sono di queste ultime settimane le notizie di una grossa pescata, avvenuta nell’area marina protetta, anche con la cattura di oltre 50 aragoste – tra le quali molte femmine con le uova, la cui pesca è assolutamente proibita in questo periodo – e le incursioni notturne di bracconieri subacquei con autorespiratori – attività vietata dalla legge – che LEGAMBIENTE continua a denunciare da anni. Tutto questo pescato illegale va poi ad alimentare un lucroso mercato clandestino e a danneggiare i pescatori onesti. E’ chiaro che il fenomeno bracconaggio aumenta con il cessare della frequentazione di Pianosa, anche per questo LEGAMBIENTE è favorevole ad una gestione contingentata del mare, con la creazione di punti di immersione dedicati ai diving center e con precise regole di mitigazione dell’impatto e di qualità ambientale per le imbarcazioni a cui potrà essere consentito l’accesso. Attività che, tra l’altro, sono consentite in tutte le Aree Marine Protette – compresa l’Asinara che ha una storia carceraria, di gestione ed un ambiente marino incontaminato quasi identici a quelli di Pianosa – e che permetterebbero anche una vigilanza continuativa ed un’attenzione maggiore verso la tutela delle risorse marine. Intanto, occorre che il mare di Pianosa venga davvero protetto dal Parco Nazionale e dal Ministero dell’Ambiente, anche con investimenti in tecnologie di controllo fisse, e che siano rafforzate e dotate di risorse le forze dell’ordine, per impedire il ripetersi di fenomeni di bracconaggio - nell’indifferenza della politica che sembra più preoccupata di un progetto di realizzazione di punti di immersione sostenuto da un rigoroso studio ambientale - che rischiano di diventare endemici e distruggere un habitat marino unico.


Sarago fondale marino sub

Sarago fondale marino sub