Si stava trasmettendo una puntata di una trasmissione in TV che aveva per oggetto la TV , nella quale si stava si parlava, manco a dirlo di Celentano che trovava tra i suoi più determinati critici un tizio, di cui non ricordiamo il nome, con una faccetta buffa da bimbo incartapecorito. Costui, dopo aver citato il tempo felice in cui lavorava a Panorama (cioè per il Berluska) sotto la direzione di Giuliano Ferrara, nei confronti del quale aveva accenti così al tempo stesso melanconici ed entusiastici da farci pensare ad un dolce e struggente amor tenuto segreto, da Direttore di una testata (si noti bene) commentando la "troppa libertà" che si era preso il conduttore diceva: Troppo comodo, sarebbe il sogno di qualsiasi giornalista scrivere quello che pensa, senza tenere conto del parere dell'editore! Siamo letteralmente saltati sul divano a constatare che il tizio considerava la libertà di opinione (sua, cazzo!) meno di un optional, proprio un'utopia. Altro che "Senza servi padroni non ce n'è", caro Luigi! Il tipo vagheggiava, oltre che il Giuliano di altri tempi, di "potere" scrivere quello che pensava, mostrando di non aver capito quanto dovrebbe essere digerito da uno stagista, che lo scrivere quello che si pensa, non è una libertà che ci è concessa, è un dovere per chiunque voglia definirsi giornalista. Come si può chiedere ad un pubblico informatore di rispettare le convinzioni degli altri quando non sa rispettare le proprie. Abbiamo provato francamente pena umana per quel signore, la stessa pena che proviamo quando vediamo sparire occultare notizie spiacevoli per le ditte "dei nostri amici sbonzors" quando non si ha neppure il coraggio di attaccare il ciuco dove è giusto (per la coscienza di chi lo tiene a cavezza) e non dove dice il padrone.