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Controcopertina: Una ferita alla libertà d'insegnamento

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 12 ottobre 2005

La vicenda della scuola islamica di Milano, chiusa dalle autorità municipali con motivazioni di sicurezza dell’edificio che lasciano qualche perplessità, ci sta passando accanto come se non ci riguardasse, ed è invece un’altra ferita derivata dall’azione legislativa in materia scolastica operata da un ministro senza competenza specifica (e senza consiglieri competenti) ma animato da un sacro fuoco ideologico. Perché era troppo evidente che il ‘vulnus’ inferto all’educazione scolastica pubblica con l’ammissione del principio della opzione ideologico-religiosa –i genitori hanno diritto a scegliere per i loro figli (secondo una dubbia interpretazione dell’art. 34 della Costituzione) il tipo di educazione scolastica che ritengono corrispondente alle proprie convinzioni– avrebbe presto visto la richiesta di applicazione dello stesso principio ai genitori appartenenti a religioni diverse dalla cattolica, appunto islamici o Testimoni di Geova, o Cristiani di altre confessioni, o quali che siano. Ovviamente, dal mio punto di vista, non si tratta di ammettere, accanto alle scuole cattoliche, anche le scuole promosse da chiese o gruppi religiosi diversi, come è il caso della scuola islamica milanese; resto infatti convinto che la scuola pubblica debba essere una per tutti i cittadini, salvo ovviamente consentire a chicchessia di mandare a scuola i propri figli dove vuole purché “senza oneri per lo Stato” (art. 34 Costituzione), e senza riconoscimento di titoli se non rilasciati dalle scuole dello Stato. Ma l’opzione di fede del Ministro Moratti non riguarda solo l’organizzazione in generale della scuola, con gli effetti di cui sopra. Entra nella normativa che regolamenta l’attività didattica e persino nelle opzioni psicopedagogiche, limitando fortemente le prerogative dell’insegnamento stabilite dall’art. 33 della Costituzione. La nota del “Coordinamento elbano genitori e insegnanti per una scuola di tutti” (“Elbareport”, 07.10.2005) a proposito della riunione alla De Laugier del 21 settembre richiama alcuni punti di grande rilevanza che testimoniano da un lato l’approssimazione delle norme, dall’altro il loro carattere ideologico. La figura del ‘tutor’, ad esempio, è in se stessa innocua, e può rivelarsi anche un supporto utile alla vita di una classe o di un gruppo di classi scolastiche; ma nella visione del Ministro ogni organizzazione si fonda su emanazioni gerarchiche: e allora il ‘tutor’ non è un servizio per la comunità scolastica, un supporto al gruppo degli insegnanti di una classe per coordinarne l’azione educativa, una figura ‘mobile’ e intercambiabile alla fine di un anno o di un ciclo; è invece un ‘capo reparto’, un superiore gerarchico, un appartenente al coro angelico superiore, più vicino alla Fonte di ogni autorità e per ciò stesso già ripagato –poiché questo Ministro fa solo riforme a costo zero, ma con grandi promozioni sul campo–. La scelta dei ‘tutor’, poi, avviene per selezione ‘personalizzata’, affidando al dirigente il compito di ‘riconoscere’ le vocazioni personali al ‘tutoring’ dei colleghi, come agli insegnanti è affidato il compito di riconoscere le vocazioni ‘personali’ degli allievi (che, si deduce, sono il livello ‘inferiore’ della scuola): con il rischio che le vocazioni degli uni e degli altri, e anche dei ‘dirigenti’, si rivelino essenzialmente nel consenso all’impianto gerarchico della scuola (la scuola-azienda), dove in fondo tutti possono diventare insegnanti, ‘tutor’, dirigenti, e perché no? ispettori, ispettori centrali e via dicendo. Così il Ministro applica alla scuola pubblica il principio costituzionale previsto per la scuola privata: “senza oneri per lo Stato”. E la difficoltà denunciata dal Comitato elbano, e da tanti Collegi dei docenti in tutta Italia testimonia il profondo disagio che l’impatto di una ideologia integralista produce nell’impianto scolastico pubblico malgrado tutto sostanzialmente laico. Osservazioni simili si applicano altrettanto bene alla questione del ‘portfolio’ se, invece di essere strumento di lavoro e di programmazione per gli interventi individualizzati volti al raggiungimento di una istruzione di base omogenea, diviene una sorta di ‘fedina penale’ che accompagna minacciosa l’alunno per tutta la carriera scolastica –e di fatto anche dopo–: anche in questo caso la concezione ‘creazionista’ del Ministro –dei ‘talenti’ che ognuno ha ricevuto alla nascita, e che la scuola deve riconoscere e valorizzare quali che essi siano senza pensare di poterli integrare quando condizioni di svantaggio iniziale li tengano compressi o nascosti– si oppone a quella ‘evoluzionista’ (con consolidata letteratura scientifica), che rende difficile parlare di scuola personalizzata quando sia rivolta a ‘persone’ in formazione (l’età evolutiva, appunto). Così il ‘portfolio’ non è l’insieme dei fotogrammi che documentano di momento in momento la vita scolastica di un allievo nella sua evoluzione, in un certo senso anche la sua cartella clinica; è invece l’itinerario tracciato dello sviluppo di un seme che deve divenire la pianta che ha in sé, con le segnalazioni degli ‘scostamenti’ in positivo o in negativo da un destino in qualche modo segnato. Chi poi debba esercitare delle competenze così alte, che riconoscano potenzialità e vocazioni e siano capaci di far fruttare a pieno i ‘talenti’ di ognuno, rimane un mistero –quale scuola, quale Università forma quelle competenze?–: l’importante è che non comporti “oneri per lo Stato”. E infatti in Finanziaria ci sono trecento milioni di euro “di risparmi” sull’Istruzione. Così dicasi per la “valutazione”, per la quale mi riconduco al documento del Comitato e alle osservazioni di Vertecchi. E allora che cosa si può fare? Costo zero per costo zero, mi pare che a genitori e insegnanti non resti altre possibilità se non di riprendersi la scuola, che è di tutti appunto, e riprogettarsela sulla base dell’importante lavoro scientifico che lungo il corso del ‘Novecento e fino a oggi è stato svolto dagli specialisti. Poiché la riforma del Ministro Moratti è certo legge dello Stato, ma è scritta talmente male e con tanti buchi da prestare il fianco a una ‘invasione’ di contenuti scientifici da parte dei Collegi dei docenti, in grado di neutralizzare il pesante condizionamento ideologico che la anima. Sì, bisogna rimettersi a studiare, insegnati soprattutto, ma anche i genitori che hanno la possibilità di farlo: si può anche fare guerriglia, ma in questo caso a pagare sono i nostri giovani, e non è prudente. Bisogna rimettersi a studiare a tutto campo, dalle leggi alle scienze pedagogiche; bisogna dibattere, ma di problemi scientifici e metodologici; bisogna utilizzare in modo vitalizzante gli strumenti che la riforma vuole mortificanti. Non si comincia da zero: l’impianto di questa riforma era già contenuto nella riforma di Berlinguer-De Mauro, che raccoglieva il frutto di una attività riformatrice intensa svoltasi negli ultimi trent’anni. Anche in quella riforma non tutto andava bene (la parte relativa all’Università, ad esempio, è stata devastante); ma è un’ottima base di partenza (Berlinguer, L. La scuola nuova, Roma ecc. editori Laterza, 2001). Riprendiamoci la scuola, come appunto ci invita a fare il nostro Comitato elbano. Parliamo, studiamo, progettiamo. Ci dovremo mettere del nostro, perché ancora una volta dovremo fare un lavoro in più “a costo zero per lo Stato”: ma, se lavoreremo presto e bene, potrebbe essere l’ultima volta.


Manifestazione Studenti novembre 2004  2  attorea

Manifestazione Studenti novembre 2004 2 attorea