Caro Sergio, Con molta tristezza ho appreso la notizia delle tue dimissioni dal nostro Partito. Una scelta che, sono certo, farà felice qualche “compagnuccio” che alberga anche tra di noi, ma che non fa felice il sottoscritto e, sono convinto, renderà la stragrande maggioranza di noi orfani di una coscienza ipercritica, politicamente onesta e schietta che molto spesso ci ha consentito di comprendere il giusto senso delle cose. Te ne vai un po’arrabbiato, per scelte fatte dal nostro partito sulle quali non sei d’accordo (Villaggio Paese, ripascimento della spiaggia di Cavo, vicende diverse sulle quali noi abbiamo grande responsabilità e quindi non potevamo tirarci indietro dal momento che sono progetti nostri e non della Destra), io rispetto la tua opinione su queste questioni anche se non la condivido. Vedi Sergio, io sono iscritto a questo Partito da circa trent’anni, un po’ meno di te. Il mio percorso nel partito, che penso tu non conosca, è stato costellato da tanti episodi, gratificanti e mortificanti. Le lotte operaie degli anni ottanta nello Stabilimento di Piombino, l’inizio delle ristrutturazioni della fabbrica, la difesa del posto di lavoro e del futuro delle Acciaierie; l’essere comunista o delegato sindacale ci rendevano esposti a repressioni e discriminazioni. Nello stesso tempo, le grandi discussioni interne al Partito e al Sindacato per scegliere la linea giusta da portare poi alle assemblee dei lavoratori, in alcuni casi servivano a dividerci. Tuttavia capivamo che serviva coesione ed unità per contrastare chi vedeva nel nostro Partito (PCI/PDS) e nel Sindacato un grosso ostacolo alla realizzazione di una “controriforma” che doveva espellere dai luoghi di lavoro la più grande forza di sinistra e il più grosso Sindacato. Allora eravamo compatti. Vi erano scelte che non condividevi e non approvavi, ma stavi li e lottavi. Scioperavamo tutti insieme per portare avanti un progetto, magari non condiviso appieno, nella consapevolezza che per la forza della sinistra, la sua unità era fondamentale. Adesso, mi rendo conto, non è più così. Vi sono dei compagni, non mi riferisco a te, che se non condividono alcune scelte dicono: “o si fa come dico io, o me ne vado”. Devo dire con sincerità che questo è un modo di ragionare leggero, di poco spessore politico che non approvo nel modo più assoluto, bypassa un modo di stare nel Partito, che una volta non era tollerato. Leggo nel tuo intervento che la decisione di lasciare il Partito è una scelta maturata con il convincimento che i DS non sono più una forza di sinistra. Se fossi convinto che i DS non sono più una forza di sinistra, anch’io li lascerei. Sono convinto del contrario e non possono essere una, due scelte, di sviluppo locale, o qualche dirigente “riformista-scic” a farmi cambiare idea. Tra l’altro mi pare che ognuno abbia i suoi personaggi anche tu spesso difendi qualche “radical-scic”, che mi pare abbia come motto: “niente deve cambiare dopo che io, personalmente, mi sono tutelato con beni materiali ed immateriali!”. La nostra storia è diversa. Sai bene che abbiamo guardato e continuiamo a guardare all’interesse generale della gente. Vi sono tanti compagni che si sacrificano per il Partito perché credono nei valori che i DS portano avanti, perché vengono da una scuola, quella del PCI, che ci ha insegnato a vivere e a lottare per l’interesse di tutti. I DS sono un partito di sinistra, certo non sono più il PCI ma ne sono gli eredi, dove militano tanti compagni che fanno riferimento al cosiddetto “Correntone” ma che credono nella funzione dei DS nella Società attuale. Mi rendo conto che tra noi vi sono dei moderati più a destra di Rutelli! Un Partito pluralista e moderno, deve poter rappresentare le tante sensibilità che la sinistra esprime in cui possono albergare anche generatori di “mostri”. Allora dobbiamo creare gli anticorpi per contrastarli. Ma come si può fare se tanti di noi vanno via? In che modo possiamo contrastare certe fughe in avanti se abbandoniamo il campo? A ben vedere la tua mi sembra una resa che prende spunto da fatti che d’ideologico hanno poco, sembra quasi un segno d’impotenza in una situazione che ritieni immodificabile. Al posto tuo, sarei più ottimista; saranno i problemi del dopo Berlusconi che imporranno ai DS scelte di forte senso riformatore, di vero riformismo per far uscire l’Italia dal disastro economico, finanziario e sociale. Se vinceremo le elezioni, auguriamocelo, saranno i veri problemi: dal lavoro, alla pace, dalla difesa dello Stato Sociale, al rilancio dell’economia a farci compiere scelte radicali, di politica rivolta ai bisogni della gente, senza giochetti e trasformismi, anche con qualche sacrificio che, purtroppo dovremo chiedere alla gente. Sono convinto che nei DS le nostre idee, quelle della sinistra del Partito avranno visibilità e agibilità politica. Si tratta di crederci. Per questo ti chiedo di ripensare la scelta che hai compiuto. Parliamone e discutiamo insieme, avendo entrambi l’obiettivo, come dici, di “colorare un po’ di rosso” questa nostra Isola perché possa andare avanti. Un caro saluto, Mario Giannullo (Segretario di Zona dei DS dell'Elba) Caro Sergio, viene spontaneo in questo momento fare appello agli affetti e ai ricordi comuni, dirti che non puoi andartene così, in piena solitudine, senza parlare con chi ti è più vicino, senza lasciare varchi al ripensamento. Sarebbe facile, ma non lo farò, anche se la tua scelta, che non condivido ma che rispetto, mi ha profondamente colpito e amareggiato. Non lo faccio perché so che non servirebbe a niente, mentre invece serve, questo si, capire le ragioni della tua scelta, andare al fondo delle cause che l’hanno determinata. Tu dici che i D.S., “pur restando una forza democratica indispensabile al Paese, non si possono più definire di sinistra”. Non credo sia proprio così. O, meglio, non credo che la tendenza a trascinare il Partito su sponde più moderate alla ricerca del consenso di una parte dell’elettorato di centro possa dirsi compiuta, né mi sembra che l’obiettivo di dividere la sinistra tra “riformisti” e “radicali” abbia avuto finora successo. In ogni caso io credo che ci siano ancora ampi spazi e margini per impedirlo ed il clamoroso fallimento della cosiddetta Fed su cui è stato impostato un intero congresso, ne è la dimostrazione più evidente. Resta aperto il problema dell’identità della sinistra in questo Paese e in Europa, per molti aspetti appannata e smarrita, ma è una battaglia ancora tutta da combattere, e non è indebolendo la presenza e la forza di chi sostiene questa esigenza che aumenterà le possibilità di vincerla. Tu parli di “scelte moderate se non addirittura conservatrici” compiute dai D.S. a livello nazionale e “ancor più a livello locale”, tali da “dare più valore al mercato che alla solidarietà”. Può darsi, e quando penso ai tentennamenti sulla legge Moratti e sulla famigerata Legge 30 (quella, tanto per capirsi, sulla flessibilità del lavoro) sono indotto a darti ragione. E mi indignano alcuni giudizi su Berlinguer e sulla frettolosa riabilitazione di Craxi, così come mi lasciano perplesso alcuni iniziali timide posizioni nella vicenda Fazio e la schizofrenia degli atteggiamenti avuti nei mesi scorsi sulla presenza del contingente italiano in Iraq. Ma su ciascuno di questi problemi, così come su altri, la sinistra dei D.S. si è fatta sentire ed alcuni risultati positivi sono stati raggiunti, talvolta modificando radicalmente le posizioni assunte dal gruppo dirigente del Partito. Nel seminario nazionale della Sinistra D.S., svoltosi a Firenze nel maggio scorso, si disse che quest’area, meglio conosciuta come “correntone”, era nata, dopo il congresso di Pesaro, su tre ragioni fondamentali: un giudizio, un’idea, un’esigenza. Il giudizio sulla pericolosità del Berlusconismo, l’idea che fosse fondamentale ricostruire l’identità del centrosinistra, l’esigenza di liberarsi del “fascino del liberalismo”. Ebbene, caro Sergio, oggi queste ragioni trovano una clamorosa conferma, addirittura andando oltre gli stessi confini dei D.S. e della sinistra. Nessuno pensa più ad accordi “bipartisan” ed è maturata la consapevolezza di quanto sia stata e sia ancora forte la tendenza a costruire un vero e proprio regime in cui sono messe in discussione l’autonomia della giustizia, la libertà dell’informazione, gli stessi valori fondanti dello stato democratico e antifascista. L’idea di un non meglio definito “partito riformista” è stata accantonata ed oggi prevale, con l’Unione, la nostra idea, e cioè quella dell’unità di tutte le forze del centrosinistra, condizione essenziale, come dimostra il voto regionale, per battere il centrodestra, tornare a vincere e governare il Paese. I danni provocati da una globalizzazione segnata dal vento dominante del liberismo sono così ormai evidenti e catastrofici che anche i fautori più accalorati hanno raffreddato i loro entusiasmi tornando a parlare seriamente di riforme e di un rinnovato stato sociale, come Zapatero insegna. E’ indubbio, come tu dici, che all’Elba, nonostante la significativa vittoria congressuale del correntone, in controtendenza con il resto del Paese, si stia ancora scontando ritardi di elaborazione e di iniziativa politica. Ma ciò non giustifica, se mi permetti, il giudizio non solo ingeneroso ma anche privo di reale fondamento sulla “strumentalizzazione dei compagni del correntone e sulla loro condizione di ostaggi” (ma di chi? e rispetto a cosa?). Se ti riferisci alla vicenda di Rio Marina, sulla quale la sezione si è espressa, a torto o a ragione, in piena autonomia, mi pare poca cosa rispetto ad un giudizio così severo ed inappellabile. Di questo, comunque, come di altro, si può discutere e confrontarci e per quel che ne so la Direzione del Partito all’Elba ha intenzione di rilanciare con forza la propria iniziativa. D’altra parte gli obiettivi che ha di fronte non sono di poco conto. Basti pensare alle prossime elezioni politiche ed al turno amministrativo di Rio Marina e Capraia. Per vincere queste battaglie e per continuare a mantenere aperta all’Elba e nel Paese la speranza di un profondo cambiamento, abbiamo bisogno di tutti, di un partito che pur nella diversità delle idee sia capace di mobilitare tutte le sue energie, di un centrosinistra che sia all’altezza del compito che gli elettori si aspettano. Ed avremo bisogno, ancor più di prima, di compagni come te, della tua esperienza, della tua sensibilità ed intelligenza politica. E non per darti torto, come ironicamente ti auguri, ma per continuare con te e con tanti altri compagni e compagne, giovani e meno giovani, la battaglia di sempre, per il futuro di quest’isola ed anche, ci sia consentita la presunzione, per cambiare il mondo, come dici tu, “a favore dei cittadini del mondo meno fortunati”. Tu sono quarantadue anni che ci provi, io qualcuno di più. Forse i risultati non sono un granchè, ma non credo che abbiamo molto da rimproverarci. Di queste cose, comunque, potremo riparlarne, se vuoi, magari una sera a cena dinanzi ad un buon bicchiere di vino. Rosso, naturalmente. Con affetto. Danilo Alessi Non mi piace affatto questo ruolo di "caso" in cui mi sono ritrovato in questi giorni. Era doveroso dare pubblicità alla mia decisione ma non credevo (né volevo) suscitare tanta attenzione. Anche perchè la mia è stata in fondo "una vita da mediano" spesa a recuperare palloni e portarli a chi nel partito, nelle pubbliche amministrazioni poi andava in rete. A tutta questa esposizione non sono abituato, mi sono sempre sforzato di stare sulla notizia e dentro la notizia ma essere "la notizia" mi pare un po' eccessivo. Tuttavia ringrazio Mario e Danilo e quelli che mi hanno scritto personalmente dal Partito che ho appena lasciato o che mi hanno chiamato (Camilla Bonelli, Franco Franchini, Lorenzo Marchetti, Catalina Schezzini), quelli che anche da altre forze politiche mi hanno testimoniato solidarietà in un momento intimamente difficile (Roberto Peria, Nunzio Marotti, Daniele Palmieri, Mauro Filippini, Pino Lucchesi, Carlo Rizzoli) e Alvaro, Lucia, Tatiana, Paolo, Silvano, Michelangelo un anonimo riese di cui non pubblicherò quello che ha scritto perchè troppo lusinghiero, e tanti altri amici ancora. Non risponderò punto per punto alle argomentazioni di Danilo e Mario, non penso che alcun lettore potrebbe reggere al "pippettone" che scriverei, ci saranno altre occasioni per discuterne: mi limito a ribadire le cause (locali) principali che sovrintendono al non sentirmi più rappresentato dai DS. Il fatto che gli interventi di Cavo e Rio Marina siano anche frutto della elaborazione di amministrazioni del centrosinistra, in luogo che tranquillizzarmi accresce il mio dissenso. Rimango fermo nel convincimento che il cosiddetto "ripascimento" del Cavo altro non sia che il prodromo di un intervento di banchinamento della defunta spiaggia per la realizzazione di un bel porticciolo turistico, ciò farà gioire magari anche qualche cavese, oltrechè qualche costruttore che perderà la partita su S.Giovanni a Portoferraio ma potrà rifarsi a Cavo, ma non farà gioire me. Ritengo (tanto per fare incazzare qualcun altro) che per quanto riguarda gli approdi turistici sarebbe più il caso di razionalizzare l'esistente,magari con un coordinamento elbano delle disponibilità d'attracco, che pensare ad incoraggiare una crescita ulteriore dei flussi, bruciando e cementificando altra costa. Non capisco perchè si faccia la guerra ai camper e non si capisca che i limitatissimi benefici economici apportati dall'invasione dei "camper di mare" vengono "pagati" a caro prezzo in termini di inquinamento, insicurezza della navigazione, e devastazioni di habitat costieri. Per il Villaggio-Paese l'espressione più aderente è a mio avviso: "pura follia urbanistica" uno spettrale Rio Marina Bis destinato solo a fare le fortune degli immobiliaristi che tra qualche anno se lo venderanno a pezzettini, com'è accaduto per una serie di simili insediamenti. Ho parlato di Sacco di Via Carducci a ragion veduta, intanto perchè ritengo uno scempio demolire una delle rarissime testimonianze residue di archeologia industriale come il Capannone ex-ATL, che al contrario andrebbe restaurato e usato in maniera più urbanisticamente avveduta, poi perchè con quello che qualcuno definisce "intervento di riqualificazione" si consentirà una speculazione costituita da un intervento edificatorio che turberà ulteriormente un sistema idrogeologico che è già prossimo al collasso (tutta la zona "galleggia" sull'acqua) e si aumenterà ulteriormente il carico antropico ed i flussi veicolari di un "imbuto" viario che è già congestionatissimo. E non è finita: in un qualsiasi paese del mondo (non nella Corea del Nord ma anche nel più liberista dei paesi) un'area che se ne sta perfettamente inutilizzata a tre passi da un ospedale e che perciò potrebbe essere destinata a verde pubblico, servizi, parcheggi, sarebbe stata ESPROPRIATA da decenni per incontestabili ragioni di pubblica utilità. Da decenni invece sento parlare di rispettosissime trattative con la molto reverenda (e riverita) SALES, la stessa che ci ha migliorato il paesaggio del golfo con la riduzione di Colle (ora davvero sì) Reciso, la stessa che con tutta probabilità fornirà gioiosamente i trentamila metri cubi di sassi taglienti per il "ripascimento" del Cavo. Caro Mario e caro Danilo scusate se non volo alto come voi, e se mi limito a ricordare queste cose così terra-terra. Scusate se mi sono incazzato come una bestia nell'apprendere che chi ho mandato in comune a spendere il mio voto abbia addirittura minacciato la crisi se non si "stringeva" sull'affare dell'ex-ACIT, scusate se vedo delinearsi un assalto a Fort-Peria, se penso che c'è chi sta lavorando perchè questa giunta cada e perchè a sostituirla sia una di più provata fede riformista (ergo edificatoria), scusate se mi sono rotto di tutto ciò, e mi sento lontano da chi fa politica con valori tanto diversi dai miei, chi dimostra di rappresentare più gli interessi dei soliti inquietanti noti che quelli del cittadino (e incidentalmente compagno) Sergio Rossi, che vi saluta, ripetendo ancora una volta che spera di sbagliarsi.
Alessi Danilo Ghiaie
DS Congresso Campo Mario Giannullo
rossi sera