Nella nostra ahinoi lontana adolescenza avemmo modo di conoscere due persone diversissime tra di loro l'ex-commerciante (crediamo) Ilvo Pagnini ed il più anziano pittore Primo Tomei, che avevano una cosa in comune: si incazzavano se qualcuno li chiamava "Cavaliere". Ma le ragioni dell'irritazione dei due non erano le stesse: Ilvo perchè chiamandolo Cavaliere lo si retrocedeva, ci pare che egli vantasse un titolo superiore come quello di commendatore o qualcosa del genere (scusate non siamo esperti in materia), Tomei per motivi del tutto diversi. Ci affascinava quel vecchio che spesso andava a dipingere "en plein aire" degli scorci portoferraiesi, degli alberi, ci piaceva stargli accanto mentre mescolava i colori a olio sulla tavolozza e chiacchierava con noi senza distogliere mai gli occhi dal suo lavoro. Come tutti gli anziani (oddio, lo stiamo facendo anche noi) amava parlare della sua gioventù, spesso ci recitava qualche sonetto romanesco di Carlo Alberto Salustri, più noto come Trilussa, che Tomei aveva conosciuto e di cui era stato amico in una frazione romana della sua vita da artista. Ma egli tornava fieramente fiorentino quando qualche bimbetto, istigato certamente da uno sfaccendato, si avvicinava per dirgli: "Buongiorno Cavaliere!". L'invariabile risposta del vecchio era: "Nini non mi chiamare ladro!" con ciò facendo bene intendere cosa pensasse dell'istituto del Cavalierato. Va detto che non sappiamo se Tomei ce l'avesse coi semplici Cavalieri (del Regno e della Repubblica) o con i più aristocratici Cavalieri del Lavoro, ad ogni buon conto, ricordandolo, abbiamo deciso che, oltre ad essere sicuramente un valente pittore, quell'antico signore aveva probabilmente delle capacità di preveggenza.