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Luciano Regoli: Ritratto di Gonni

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : giovedì, 13 marzo 2003

Un giorno del lontano 1933 Hitler, incontrando i giornalisti di tutto il mondo in occasione della sua salita al potere, quando fu il turno di Gonni, gli domandò: “Noi due ci siamo già incontrati, vero?” E lui di rimando: “Certo, quando la intervistai nel suo ufficio, sei mesi fa”. Ecco, questo era Gonni: Questo episodio dà una dimensione di cosa fosse quest’uomo, e di come abbia attraversato tutto il ‘900, essendo nato nel 1911, incontrando la maggior parte della cultura e non, nel caso di Hitler, di quel secolo. Gonni era curioso e questo lo faceva sembrare un po’ “entrante” e qualche volta non fu capito. Il suo spirito sarcastico, ironico, bohèmien lo portava ad avere una confidenza con la vita che non tutti capivano e accettavano. Era avanti coi tempi come tutta la sua generazione colta. Loro erano i veri moderni, non certamente noi. Dipingeva bene Gonni, un po’ alla De Pisis, come gli rimproverò un famoso critico ad una sua personale a Firenze nei tardi anni ’50, e lui dopo quel rimprovero che aveva preso tremendamente sul serio, smise di fare il pittore per campare, e divenne il personaggio che tutti conoscemmo all’Elba. Gli bastava poco per vivere, la sua pensioncina miserrima, una deliziosa casetta minuscola in via dello Sdrucciolo della Regina a Portoferraio, piena di sole, che aveva acquistato nel dopoguerra con il ricavo della vendita di tutti i disegni che i suoi amici pittori, famosi più di lui, gli avevano donato in stima. Fu lì che ci incontrammo all’Elba, io giovane pittore, e lui già anziano. Il giorno che vide le mie povere cose disse in un impeto modernista: “Sei troppo giovane per fare una pittura così vecchia!” Lapidario, ma comprensibile. Lui si, come ho detto, aveva vissuto “modernamente” ed un giovanotto che dipingeva come coloro che erano una generazione prima di lui, gli doveva sembrare decisamente “vecchio”. Ma mi stimava, ed io immensamente lui. Nacque un’amicizia ed un sodalizio artistico che durò 28 anni. Devo molto a Gonni, non tanto per la pittura, ma per la vita. E’ stato un poetico maestro, inconsapevole della sua vita poetica e soprattutto un “essere umano integro”, che capiva istintivamente i misteriosi segreti della vita. Con lui si è spenta una luce.


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