Forse a farci notare il tutto, mentre ci allontanavamo dal banco del cocomero di Teresa sul Viale delle Ghiaie, un poco oppressi dal non stare benissimo, è stato, lo ammettiamo, sentire chiamare la dolce cucurbitacea "anguria" (pronuncia cisalpina: "anghiuria"), che ha messo in allarme la parte peggiore del nostro un po' padanofobo essere, ma se così non fosse stato avremmo perso una vera lezione di vita. Stavamo appunto incrociando una famigliuola che al contrario di quanto facevamo noi andava verso lo spaccio cocomeriero quando abbiamo sentito la madre che così apostrofava il lagnante decenne ragazzino: "T'ho detto di no l'anghiuria non la puoi comprare ..." "Perché?" Chiedeva il cocomerorepresso. "Perché ti fa male e poi è ... volgare" Orbene non entriamo nel merito del fare male o bene, ogni madre ha il diritto dovere di controllare la dieta dei pargoli, ma è stato l'appiccicare un giudizio quasi etico come "volgare" al cocomero che ci è parso un poco improprio. Abbiamo pensato ad una serie di aggettivazioni che potevano, su quella china, essere collegate ai vari frutti: una noce di cocco ostinata, un popone (melone) subdolo, un ananasso altezzoso, una banana servile e via dicendo. Abbiamo infine risolto che la vera motivazione della signora poteva essere politica, forse la nostra era una fedelissima di Bossi o del Cavaliere, ragione che la portava a diffidare di tutto quel rosso del cocomero, o anghiuria che dir si voglia: in realtà voleva dire che il piccolo non poteva nutrirsi di un frutto così "comunista".
Cocomeri scultore