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A Sciambere: Ciao Gonni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 11 marzo 2003

L’ultima cosa che ci verrebbe in mente di scrivere per Gonni è un necrologio, non tanto perché ultimamente ne abbiamo scritti troppi, ma perché “non datur”, la sentiremmo una cosa contronatura mettere in correlazione qualcosa di triste con una delle persone più ironiche ed intelligentemente sbeffeggianti che abbiamo avuto modo di conoscere. Meglio un “A sciambere”, meglio iniziare così: Caro assessore, che ha dedicato piazze e vie a vari chiccazzè, siamo sicuri che lei non dedicherà nemmeno un pisciatoio a Gonni, che pure era un bravissimo pittore che è rimasto tra noi per cinquanta dei suoi novantatrè anni di vita; certamente Gonni non le stava simpatico, troppo scioperato, troppo scroccone, troppo bohemien (anche se lei non sa cosa significa), fin da vecchio portava capelli offensivamente rigogliosi e folti ancorchè bianchi, un insulto alla sua visione pelata del mondo, e poi era pure mite, gentile, intelligente e straordinariamente colto, sospettosamente colto, pericolosamente colto per quanto la riguardava, non è vero? Ci immaginiamo assessore la sua riprovazione perbenista nel vedere quel vecchio che sedeva di fronte al mare e faceva apprezzamenti anche “forti” e diretti a giovani signore, immaginiamo che la sua di signora sarebbe caduta in deliquio (svenuta assessore, dimenticavamo…) se ci avesse sentito quando, alla mostra di Regoli, lavorando in coppia (noi e Gonni), convincemmo un pittore bravo come Luciano, che l’uccello di cui aveva dotato un fauno, per cui aveva posato il nuovo amore della sua ex, era freudianamente spropositato, allungato a dismisura dai suoi complessi. Finì che glielo facemmo togliere quel quadro. Gonni trovava un piatto di minestra ed un letto in qualsiasi posto d’Italia, era nato austriaco sotto Cecco Peppe, si era rifugiato in convento durante la guerra, frequentava le Giubbe Rosse a Firenze (immagino che non sappia di che si trattava) ed a furia di farsi regalare degli schizzi, disegnetti fatti per gioco da famosi colleghi mise su una collezione di duemila pezzi, che vendette per comprarsi la microcasa che aveva allo Sdrucciolo della Regina. Ne aveva di cosa da raccontare nelle tante lingue che conosceva Gonni e ne ha raccontate molte, sapeva farsi ascoltare e benvolere dai giovani, capiva (lui) che i tempi cambiavano, ci galleggiava dentro sereno e curioso, affamato di conoscenza e disincantato al tempo stesso, lo scirocchino che increspa il mare delle Ghiaie se lo è portato a largo, lontano lontano, non si vede, ma si sa che c’è stato.


ghiaie mare

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