Eravamo a Camp Darby per dire no alla guerra in Iraq, per dire no a tutte le guerre come risoluzione delle controversie internazionali. Se gli USA, l’Inghilterra e la Spagna decidessero di attaccare unilateralmente l’Iraq le conseguenze sarebbero inimmaginabili e ed innescherebbero una spirale di odio e violenza inaudita. A pagarne le immediate conseguenze sarebbe, come gli ultimi decenni di guerre ci insegnano, la popolazione civile (in questo caso irachena e dei paesi limitrofi) con centinaia di migliaia di vittime, 2 milioni di profughi, 5 milioni di persone senza cibo, un terzo del paese senz’acqua, il peggioramento delle condizioni sanitarie che producono morte soprattutto tra i bambini. Eravamo a Camp Darby come elbani, convinti che dovevamo esserci perché oggi ogni cittadino deve prendersi le proprie responsabilità e come elbani siamo stati felici di incontrare altri nostri concittadini i che a livello personale si erano mobilitati ed erano là. Abbiamo vissuto un corteo diverso da Roma, un corteo più partecipato emozionalmente perché diversa è la situazione della guerra che è sempre più pressante, diverso è il percorso del movimento che è sceso in campo, direttamente, con il blocco dei treni e con tutte le iniziative contro il trasporto dei mezzi di guerra, diverso il luogo, Camp Derby non è Roma, e lì il mostro c’era, con tutta la sua arroganza, forte e debole allo stesso tempo. Lo abbiamo accarezzato, deriso e violato, gli abbiamo fatto vedere che siamo tanti e non ci fermeremo e continueremo ad esserci, sempre, contro la guerra, contro qualsiasi guerra, senza se e senza ma per costruire un mondo migliore.
pace pisa 4