Legambiente a Governo e Regioni: “Fermate politiche venatorie che favoriscono la caccia di rapina” L'ultimo grave espisodio di bracconaggio accaduto all'Elba, una pesante tagliola di metallo che ha ferito gravemente un cane, dimostra che i bracconieri non si fermano nemmeno davanti all'uso di trappole che costituiscono un gravissimo pericolo anche per le persone. "All'Elba - dicono a LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano - vengono continuamente segnalati episodi di bracconaggio (anche a mare, con pesca nelle aree marine protette e con autorespiratori e di notte), messa in opera di lacci e trappole con sbarre appuntite, uso di balestre, danneggiamenti di chiusini del Parco... E non si tratta dell'opera di qualche balordo; in Italia il 50% del bracconaggio è a fine di lucro e solo un bracconiere su 20 viene colto con le mani nel sacco. Di questo mercato clandestino si rendono spesso complici esercenti che rivendono il frutto di queste attività illegali. In poco più di un anno di cronaca sono emerse notizie di bracconaggio per ben 11 Parchi nazionali su 23, tra cui spicca l’Abruzzo con circa il 25% delle notizie. Friuli Venezia Giulia, Veneto, Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia le regioni più colpite dal fenomeno. Con questi dati Legambiente riporta così l’attenzione sul fenomeno della caccia illegale nel nostro Paese che sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti per le specie animali. “Nel 2004 troppi cacciatori italiani – ha dichiarato Antonino Morabito, Responsabile nazionale conservazione e gestione fauna di Legambiente - grazie alla compiacenza di politici nazionali e locali, hanno fatto bella mostra del peggio: a conferma di ciò il fatto che sulla stampa oltre il 74% delle notizie sulla fauna hanno riguardato, direttamente o indirettamente, problemi legati a caccia illegale in Italia ed all’estero. A questo va aggiunto – continua Morabito - che sono tra i 50.000 e i 100.000 i cacciatori italiani che praticano il turismo venatorio e che tra questi, troppi, a dimostrazione di un malcostume dilagante, non rispettano le leggi dei Paesi ospitanti e men che meno le direttive europee.” A conferma del “peso” del turismo venatorio italiano, il fatto che oltre il 70% dei siti internet che propongono settimane di caccia nei Paesi dell’Est Europa, dell’America latina o del nord Africa, abbiano il sito tradotto in italiano: uno dei rari casi in cui l’italiano, notoriamente lingua poco utile all’estero, diventa qui più comune dell’inglese. Inoltre, una altrettanto troppo diffusa accondiscendenza da parte di politici nazionali e locali verso questo malcostume, considerato di minor importanza rispetto ad altri problemi economici e sociali, alimenta indirettamente violenze e tragedie che travalicano il bracconaggio, come l’omicidio del cacciatore molisano che per errore aveva sparato ai richiami vivi di alcuni bracconieri di Frosinone, o l’omicidio per vendetta di un bracconiere di Pordenone da parte di altri bracconieri o ancora l’uccisione di un bracconiere bresciano da parte di un suo compagno durante una battuta illegale di caccia nel mese di maggio. “E’ urgente – conclude Morabito - che lo Stato e le Regioni intervengano con fermezza nel governo della caccia illegale per rafforzare le azioni di contrasto al bracconaggio e, preventivamente, per porre in essere regole certe e stringenti per fermare i furbi e difendere il patrimonio faunistico e i cittadini onesti, cacciatori compresi.”
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