Si riapre il caso di Maurizio El Abbasi, il 52enne uomo d’affari palestinese con passaporto italiano, e convivente cremonese, scomparso da Cremona la mattina del 12 luglio 2001. A dispetto dell’inchiesta archiviata già da due anni, infatti, la compagna Monica Ferrari e i suoi legali non hanno mai smesso di cercare la verità. E adesso, attraverso l’avvocato Ermanno Gorpia, chiedono si ricominci ad indagare. «Perchè secondo noi — ha riferito ieri il legale — ci sono troppe anomalie. Numerose stranezze. E abbiamo elementi che ci fanno ritenere probabile il rapimento». Si Insomma, nelle tante zone oscure di una vicenda che, in effetti, presta il fianco a interpretazioni diverse lasciando aperta più di una pista, Gorpia e i famigliari del titolare di una azienda di import-export di capi di abbigliamento ritengono un’ipotesi verosimile più di tutte le altre: El Abbasi sarebbe stato rapito. Di più, stando a quanto ha annunciato Gorpia. «Al momento — ha spiegato sempre ieri — non posso rivelare tutto perchè attendo che Monica Ferrari torni dall’isola d’Elba. Ci incontreremo e decideremo cosa fare. Poi, alla volta di giovedì (domani ndr) vedremo quali rivelazioni fare». Il mistero è fitto. Ora come quattro anni fa. Non a caso, adesso, le certezze sono quelle dei primi momenti. A partire dal 52enne che esce dalla casa di Cremona il mattino del 12 luglio e sale sulla sua Renault Kangoo con una valigetta contenente trenta milioni in contanti, soldi che servono per pagare l’ultima rata di una villa acquistata all’Elba. Deve consegnarli al venditore, Angelo Villa. E l’incontro è programmato in provincia di Varese. Villa riferirà: «Non ho mai visto El Abbasi quel giorno». Alle 18, il palestinese chiama Monica Ferrari. Annuncia che rientrerà a Cremona in serata. Poi, svanisce nel nulla. La Renault verrà ritrovata venti giorni dopo, aperta ma senza le chiavi, nell’hinterland di Milano. E qui, inizierebbero le stranezze. Quelle su cui, adesso, si chiede di compiere nuovi accertamenti. Sulla vettura dello scomparso, gli specialisti della Scientifica non scorgono una sola impronta digitale: niente sul volante, niente sul cambio, niente su una bottiglietta di profumo appoggiata al vano portaoggetti. Come se su quella macchina non fosse mai salito nessuno. Oppure, come se qualcuno avesse cancellato ogni minima traccia. Qualcuno che potrebbe anche essere stato nell’abitazione all’Elba, visto che da quella residenza sarebbero scomparsi alcuni documenti. Ancora: il telepass montato sul Kangoo è stato strappato: «Ma agli atti — continua Gorpia — non risulta siano mai stati compiuti accertamenti in merito». Poi, i conti bancari: quando El Abbasi sparisce sono due, uno a Cremona con venti milioni, un secondo all’Elba con settanta. Denaro di cui si sono perse le tracce, così come di quello depositato in un istituto svizzero e cointestato al fratello di Maurizio. Infine, il giallo della telefonata ricevuta dalla suocera del palestinese quando di quest’ultimo non si sa nulla da tre mesi. Dall’altra parte del filo, qualcuno fa il nome di Maurizio parlando in arabo. La linea cade. Richiamata più volte, quell’utenza è sempre spenta. Risulta intestata a un egiziano residente a Milano: «Anche lui — conclude Gorpia — non è mai stato sentito dagli inquirenti». A completare il quadro, notevoli bonifici in dollari provenienti dal Medio Oriente e contatti con personaggi oscuri di quelle zone: poco più di ombre che compaiono e scompaiono. Muovendosi fra troppe altre ombre. (mac)
Maurizio el abbasi