Sul grazioso terrazzo sul tetto di uno dei più alti edifici di del centro storico portoferraiese, al termine d'un caldo giorno estivo, un tranquillo signore dà da bere ai fiorellini assetati, qualche litro d'acqua appena per comodità addotta con un tubo di gomma. Ma il diavolo ci mette lo zampino, in forma di telefonata che giunge nell'appartamento; il signore molla il tubo e va a rispondere al telefono, l'acqua continua a sgorgare ... la telefonata si allunga e il signore (Uh! L'acqua!) si ricorda del tubo abbandonato come le trecce morbide di Ermengarda sul riarso parapetto, indi chiude il rubinetto, ma purtroppo non lo fa perfettamente ed un filo d'acqua costante continua a giungere nel vaso ormai zuppo che deborda.. tracima, cerca un suo corso finchè incontra una gronda. Finalmente, diranno i nostri lettori, immaginando che l'acqua sia condotta nell'alveo metallico sino ad essere inghiottita dalle viscere della città. Ma non è così .. l'ossidazione ha formato nella gronda un buco, e da là l'acqua precipita sul suolo di pietra della piazza quindici metri buoni sottostante, inizia a formare un rivolo, picciolo ma che non può passare inosservato e s'avanza, s'avanza... orientandosi in direzione del mare, mentre il signore ignaro è già uscito di casa ed in altro loco si trova. Ma qualcuno inizia a pensare che l'acqua non già provenga da un innocuo vaso superidratato ma dall'appartamento medesimo, il cui inquilino è cittadino insigne e conosciuto assai e allora funzionanti vigili contattano vigilanti funzionari, il rivolo s'avanza, punta verso la Porta a Mare spietatamente nonostante il trambusto. Finchè il nostro non si trova, ritorna alla magione a serrare la fatal saracinesca (che proprio dai saraceni ci giunse la tecnologia necessaria a regimentare le acque) e a dispensare dall'alto rassicurazioni sul non allagamento domestico al preoccupato volgo, dal quale solo un motto si leva: "Totanino, la prossima volta chiudila l'acqua!".