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Referendum, togliamo il quorum

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : giovedì, 16 giugno 2005

E' inutile girarci intorno: l'esito del referendum è una legnata. Poco importa, ai fini del risultato, che l'astensionismo sia stato altissimo. Ciò che conta è che il sì non abbia convinto la maggioranza. Beninteso, non recediamo dall'idea che il non andare a votare sia stato un gioco sporco. Non sappiamo cosa abbia dettato questa debacle. A nostro modesto (e catastrofista) parere agli italiani non gli ne è fregato nulla della materia. Ma probabilmente tutte le ragioni che verranno esposte in questi giorni hanno un fondo di verità. E a noi francamente non ci va di elencarle in questa sede. Proviamo invece a tastare il polso della società, come chiedono di fare molti commentatori alla politica. Non c'è dubbio che ci troviamo di fronte a una sconfitta della laicità dello stato. Non crediamo fino in fondo che sia, per contro, una vittoria della chiesa. Questa piuttosto è rimasta l'unica autorità in difesa di certi valori. Sono purtroppo i principi laici che, con la crisi delle ideologie, non sono stati raccolti da nessuno. E' nel vuoto che essi hanno creato nella società che la chiesa ha avuto buon gioco e si introdotta. E' per questo che la sinistra deve farsene portavoce, resistendo alle sirene di chi la spinge a collocarsi al centro e appiattendola a un pensiero unico di marca cattolica. Crediamo che sia questa la grande sfida per gettare le basi di una sinistra moderna e capace di convogliare su se stessa quella parte di elettorato laico che si è astenuto al referendum. Il rischio peggiore è che nel vuoto ideologico si collochino con prepotenza quei valori teocon, che già fanno sentire il loro peso negli Stati Uniti. Che peraltro incarnano benissimo lo spirito della legge 40. Si è voluto mettere i diritti dell'embrione sopra quelli della madre: ed è un'evidente contraddizione con la legge 194 (a proposito, rileviamo con piacere che molti dicano che non sarà cambiata, ma non possiamo non notare che qualcuno abbia preso a pretesto la vittoria per proporre di impallinarla). Si è dato un altro duro colpo alla scienza (dopo il taglio dei fondi e in palese anticostituzionalità): e chi se ne frega se dieci milioni di malati e molti scienziati dovranno guardare all'estero per le loro speranze di guarigione e per le loro ricerche. Si è proibito la fecondazione eterologa in Italia: volete un figlio? Aprite il portafoglio e andate all'estero; e se poi volete risparmiare c'è il far west dell'Europa orientale, dove si fa tutto a buon mercato e senza regole ma si rischia pure in salute e sicurezza. E' di fronte a questa offensiva oscurantista che bisogna porre degli argini. Ed è la sinistra che deve farsene protagonista. Deve aprire un dibattito che scacci i fantasmi agitati dagli antirelativisti. D'altra parte i referendum su divorzio e aborto furono vinti grazie a questo, il ruolo delle donne fu principale (quante voci femministe sono state interpellate durante l'ultima campagna referendaria?), e l'Italia di quegli anni era nel pieno di un sommovimento culturale. Una considerazione finale non può non essere fatta sull'istituto referendario in se stesso. Il quorum, assente in quasi tutti gli altri paesi, fu voluto dai padri costituenti a seguito di una riflessione corretta nel principio: solo con la maggioranza assoluta del popolo si può cambiare qualcosa di significativo come una legge dello stato. Era però figlia di condizioni che con il tempo sono venute meno. Per esempio, la larghissima partecipazione degli italiani a ogni appuntamento elettorale, ancor oggi siderale rispetto ad altri paesi. Ma soprattutto l'impegno nel prendere posizione su ogni quesito, sul non smarcarsi nel dibattito e sicuramente sul non invitare all'astensione da parte dei partiti e le associazioni. E' dagli anni '80 che la tendenza si è invertita, che alcuni hanno fatto leva sul comodo grimaldello dell'astensionismo fisiologico per far fallire le battaglie. E così, dapprima timidamente e adesso massicciamente, ci troviamo con l'arma della democrazia diretta spuntata. Appare allarmante, se confermato, il dato dell'istituto di rilevazione Cattaneo che pone l'astensionismo fisiologico per i referendum al 43 %: ovvero un 20 % circa di delusi o diffidenti allo strumento referendario in se stesso, in aggiunta al 20-25 % di quelli che non andrebbero a votare per indifferenza a qualunque consultazione. Ciò significa che bastano due partiti di modesta levatura (cioè con un elettorato inferiore al 3%) che invitino all'astensione, per porre in bilico qualunque referendum. E non parliamo poi di partiti di primo piano che si appigliano allo stesso escamotage. Cosa che in pratica sta avvenendo da dieci anni a questa parte. A questo punto ci chiediamo se per salvare questo prezioso strumento non occorra sopprimere il quorum. A nostro parere l'eliminazione di esso porterebbe paradossalmente a votare la maggioranza assoluta degli elettori. Per una ragione molto semplice. Privati dell'arma dell'astensionismo, tutte le parti politiche in campo dovrebbero giocoforza battersi sul terreno del confronto, sostenendo, questa volta sì in maniera sostanziale, la validità delle loro ragioni. La maggioranza vuole una riforma di questo strumento di democrazia diretta. Che, statene certi, non arriverà mai: nessuna forza politica si toglierà dalle mani l'arma più potente di cui dispone (e a cui tutti i partiti, poco o molto, hanno ricorso) per inficiare il volere della popolazione. Ma se la politica saprà cogliere questi temi, di sicuro ce lo ricorderemo quando andremo alle urne.


seggio elettorale 2

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