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SPECIALE REFERENDUM

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 12 giugno 2005

L'intollerabile antidemocratica invenzione della Non Partecipazione al voto Dispiace. Anzi è un segno drammatico del nostro tempo. Certo: un ‘Referendum’ (che è istituto previsto dalla Costituzione) è una cosa seria, importante: si chiede al Popolo sovrano di esprimere una volontà specifica su una legge, o parte di essa, che può così essere solennemente confermata o solennemente abrogata. Si risponde “Sì” per abrogarla, “No” per lasciarla in vigore. Il meccanismo è semplice. C’è poi una terza possibilità, cioè di astenersi, consegnando scheda bianca, perché il quesito referendario ci sembra mal posto o non si ha sufficiente chiarezza di idee. Così tutte le possibilità sono contemplate. Ma noi italiani siamo bravi, e ne abbiamo inventata un’altra: la non partecipazione (erroneamente chiamata astensione, in questi giorni), cioè il non andare a votare. Non mi piace chi non va a votare, in questo come in tutti gli altri casi; non mi piace chi rinuncia a un proprio diritto senza motivo, e così sottrae il proprio contributo alla democrazia. Anche a me è capitato di non partecipare a una votazione referendaria: ma lo ho fatto perché mi pareva che chi aveva promosso il Referendum, in quel caso, volesse piuttosto fare una provocazione che non ‘ascoltare’ la volontà del popolo; e ho cercato di motivare il mio comportamento. Non è stata una scelta facile, ma ritenevo necessario manifestare il mio dissenso per quell’uso svilente dell’istituto referendario, e richiamare una maggiore responsabilità. Il caso presente però non è questo: si è formato un ‘Partito della non partecipazione al voto’ che agisce come soggetto politico, “traversale” quanto si vuole ma organizzato e attivissimo. Ed è un partito che non disconosce l’importanza della consultazione e del suo oggetto, anzi la sottolinea con enfasi; e ne fanno parte eminenti personaggi delle Istituzioni che non esitano a esibire un pragmatismo certamente inopportuno se non decisamente scorretto. Perché si fonda su una verità taciuta, su una ipocrisia, addirittura su una ‘appropriazione indebita’. Il “Partito della non partecipazione”, infatti, parte dalla certezza che il confronto referendario lo vedrebbe perdente: diversamente non ci sarebbe motivo di evitarlo. Sa di essere minoranza, e vuole evitare di verificare i numeri del consenso sulla propria posizione; insomma, nel caso presente, è consapevole che una maggioranza schiacciante otterrebbe l’abrogazione. Quindi cerca di impedire la riuscita della consultazione attraverso il meccanismo del non raggiungimento del numero di voti che la rendono valida (il cosiddetto “quorum”), ovvero il 50% più uno. Apparentemente sembrerebbe un normale meccanismo elettorale, ma c’è il trucco; infatti chi invita a non andare a votare sa di poter contare su una ottima base di partenza, costituita da almeno un 25/30 % di cittadini che non vanno mai a votare: così è sufficiente che un altro 20/25 % non si rechi alle urne e, pur costituendo solo un quarto effettivo di dissenso, la consultazione fallisce (ecco l’appropriazione indebita: il Partito dei non votanti si annette gli assenti abituali). E, con buona pace del concetto di democrazia, una minoranza riesce a prevalere sulla maggioranza. Che a suggerire e promuovere questo giochetto sia stato il cardinale Ruini, vicario del Papa per la città di Roma nonché presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e che lo abbia fatto con la benedizione del Santo Padre, ci interessa poco: “Todo modo, para buscar la voluntad de Dios” diceva sant’Ignazio (“Ogni modo è buono per fare la volontà di Dio”), e anche se il “modo” non ci pare un gran che, riguarderà poi la Chiesa, che del resto pare non sia tenuta alla democrazia. Ma che a impossessarsene e ad aderire con entusiasmo siano stati i presidenti del Parlamento, primi custodi della democrazia; che abbiano raccolto numerosi alleati fra i membri del Parlamento stesso; che abbiano suscitato pronunciamenti ‘tecnici’ di personaggi noti per aver ricoperto alte magistrature dello Stato (per la verità già in altre occasioni testimoni più di partigianeria partitica che di senso istituzionale), fino a aggregare eminenti sindacalisti pronti magari domani a lamentare la scarsa partecipazione alle manifestazioni dei lavoratori; vedere insomma tante prestigiose personalità perdere la faccia dietro un trucchetto di bassa contabilità democratica, dispiace. Anzi è un segno drammatico del nostro tempo. In un “Referendum” chi è per l’abrogazione vota “Sì”, chi è per il mantenimento vota “No”, chi non sa vota scheda bianca. Chi ha paura non va a votare. Speriamo, per la nostra povera Nazione, che non vinca una minoranza pavida. Luigi Totaro Votare sì, perchè è una legge inutilmente crudele Voterò i Referendum abrogativi sulla fecondazione medicalmente assistita perché è una legge inutilmente crudele e perché la scienza non è teologia. Ma se la Redazione avesse intenzione di pubblicare qualcosa su questa importante occasione del 12 e 13 giugno, anche per recuperare un po' dello spirito originario di una partecipazione leale agli istituti referendari, che gli appelli a non votare hanno purtroppo ricacciato indietro di decenni, allora io -a titolo ovviamente personale- vorrei aderire con molta convinzione ad un appello per QUATTRO SI ai quattro referendum sulla procreazione assistita. cordiali saluti Egisto Gimelli, Campo


luigi totaro

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