Il 22 aprile 2005 LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano inviava una preoccupata lettera al Ministero dell’Ambiente, alla Provincia di Livorno ed al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano nella quale si faceva notare che la Sezione Staccata del Tribunale di Livorno aveva prosciolto un cacciatore, denunciato dalla Polizia Provinciale perché stava cacciando dentro il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, motivo dell’assoluzione l’assenza di cartelli che indicavano il perimetro dell’Area Protetta. LEGAMBIENTE faceva notare che la sentenza andava contro altri pronunciamenti che evidenziavano come la caccia nei Parchi fosse illegale anche in assenza di cartelli indicatori – il perimetro del Parco è noto e inserito nel Decreto Istitutivo e nel calendario venatorio -, e invitava Ministero, Parco e Provincia a ricorrere e a svolgere un ruolo più attivo verso il bracconaggio e gli sconfinamenti nel Parco. Solo il Direttore Generale della Direzione Protezione Natura del Ministero dell’Ambiente ha risposto a LEGAMBIENTE, ma si tratta di una risposta pesantissima, che mette fine a qualsiasi interpretazione sulla pubblicità dei confini del Parco ai fini venatori e prende precisi impegni per una più efficace repressione e prevenzione degli sconfinamenti dei cacciatori nel Parco. Di seguito riportiamo integralmente la chiarissima nota del Dottor Casentino: Ministero dell’Ambiente Roma 26 MAG. 2005 e della Tutela del Territorio DIREZIONE PER LA PROTEZIONE DELLA NATURA LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano Loc. Uccellaia 57033 MARCIANA MARINA (Elba) (LI) N. DPN/4D/2005/13207 Oggetto: Esercizio abusivo dell’attività venatoria all’interno di aree perimetrale di Enti Parco. Con nota del 22 aprile 2005 codesta Associazione ha posto in evidenza che la Sezione Staccata del Tribunale di Livorno ha reso una sentenza di proscioglimento - in quanto “il fatto non sussiste” - in relazione a fattispecie di esercizio abusivo dell’attività venatoria all’interno del perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Con la stessa nota, è stato formulato un invito all’anzidetto Parco, nonché a questo Dicastero (non solo a ricorrere avverso la sentenza anzidetta, ma anche) a svolgere “un ruolo più attivo e consapevole di quello che, evidentemente, hanno fino a oggi esercitato su questo tema”. La problematica relativa alla “perimetrazione” degli Enti Parco ed al complementare svolgimento di un’attività di “tabellazione” - ovvero, di apposizione di idonei termini e/o segnali di riconoscibilità del perimetro onde trattasi - è ben nota alla giurisprudenza. Va in primo luogo sottolineato, in argomento, come non vada confusa: - la disciplina dettata dall’art. 10 della legge n. 157 del 1992 (relativa alla pianificazione faunistico-venatoria), la quale prevede la delimitazione delle aree interessate con apposite tabelle perimetrali, - con quella che regola i Parchi Nazionali, rientranti nelle aree naturali protette nazionali, disciplinate dalla legge quadro n. 394 del 1991. Se il territorio agro-silvo-pastorale, cui si riferisce la prima norma, corrisponde a quelle aree sulle quali è in atto una utilizzazione agricola riconducibile alla tipologia dell’art. 2135 c.c. (su tale territorio rimanendo rimessa alle Province ed alle Regioni la pianificazione faunistico-venatoria, che la norma definisce con riferimento ai fini che persegue), rappresenta indispensabile, quanto logico, corollario di tale principio la previsione dettata dal comma 9 della norma in esame (art. 10), che prescrive la tabellazione perimetrale al fine della individuazione delle dette aree. Diversamente, i Parchi Nazionali sono sottratti a tale onere, essendo essi “istituiti e delimitati” con appositi provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Tale fondamentale principio riverbera intuibili conseguenze in ordine all’incidenza dell’esistenza di una “perimetrazione” del Parco - ancorché in assenza di “tabellazione” (e, quindi, di una segnaletica identificativa della delimitazione stessa) - sull’esercizio dell’attività venatoria che venga abusivamente condotta all’interno del Parco stesso. Va infatti escluso che un’area protetta - e, comunque un sito ove la caccia è vietata per motivi prestabiliti ex lege in modo preciso e puntuale (seppur di ordine generale) - necessiti in via assoluta di alcuna tabellazione per essere notificata ai terzi (e tra questi in modo specifico anche al soggetto cacciatore). E ciò in quanto i confini delle aree protette (in particolare modo parchi e riserve nazionali e regionali) sono pubblicati sulle Gazzette e Bollettini ufficiali della P.A. con tutte le indicazioni tecniche e topografiche del caso: e, dunque, dal momento di detta pubblicazione sorge anche per tali nozioni il principio generale — cardine dell’ordinamento giuridico della presunzione di conoscenza da parte di tutti i cittadini. Di conseguenza, l’eventuale omessa apposizione dei cartelli delimitatori delle aree protette, o la frequente dolosa rimozione preventiva degli stessi, deve considerarsi del tutto irrilevante ai fini della integrazione delle violazioni per i soggetti che, violando i divieti generali con penetrazione ai fini di caccia entro i perimetri pubblicati sull’organo ufficiale di rito della P.A., superano le perimetrazioni e vengono colti in atteggiamento di caccia entro le aree protette. Tali principi sono stati costantemente - ed omogeneamente - ribaditi dalla giurisprudenza. In tal senso, è stato dato atto della piena irrilevanza, ai fini della configurazione del reato di esercizio venatoria in area protetta, assunta dall’assenza di tabellazione del perimetro del Parco, giacché gli art. 21 e 30 della legge 157 del 1992 non costituiscono norme penali in bianco, e pertanto non rimandano per la punibilità dei contravventori alla emanazione di atti di normazione secondaria, quali quelli degli enti deputati in riferimento alla tabellazione della perimetrazione dei parchi (Pretura Patti, 8 gennaio 1996) Coerentemente, è stato escluso che ai Parchi Nazionali si applichi la disciplina di cui all’art. 10 della legge 11febbraio 1992 n. 157, che prevede la perimetrazione delle aree oggetto di pianificazione faunistico-venatoria, atteso che essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di individuarli come aree ove sia vietata l’attività venatoria (Corte Cassazione penale, sez. III, 10 aprile 2003 n. 24786) Di conseguenza, su coloro che esercitano la caccia incombe un onere di diligenza nella conoscenza delle aree protette e di ripopolamento, sottratte alla libera caccia: onere di diligenza che non può essere assicurato dalla lettura della sola tabellazione esterna (essendo la stessa facilmente rimovibile da chi volesse invocare l’ignoranza dei limiti dell’area), ma anche mediante l’utilizzo di atti giuridici ufficiali (decreti e bollettini), mappe, cartine, assunzione di informazioni sul posto e presso le autorità di sicurezza, al fine di non violare la legge e introdursi in aree di ripopolamento, onere che incontra il solo limite esterno della ignoranza inevitabile (Tribunale Trani, 17 aprile 2003). Può quindi concludersi che: se i parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati su Gazzette e Bollettini Ufficiali, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di essere individuati come aree ove sia vietata l’attività venatoria (e pertanto non può essere riconosciuta la buona fede degli imputati del reato di esercizio venatorio in area protetta in caso di assenza di tabellazione: cfr. Corte Cassazione penale, sez. III, 19 marzo 1999 n. 5457 e 9 marzo 1998 n. 4756); conseguentemente, non ha alcun rilievo ai fini della configurazione dell’elemento soggettivo del reato di caccia abusiva all’interno di parchi nazionali (di cui all’art. 30, lett. d) I. 11febbraio 1992 n. 157) la circostanza che la zona ricadente nell’ambito del parco, ed interdetta alla caccia, non sia stata tabellata, ovvero che non siano ivi stati apposti cartelli indicanti il relativo divieto: e ciò in quanto i confini delle aree protette sono pubblicati su gazzette e bollettini ufficiali per cui dal momento di detta pubblicazione il divieto di caccia è assistito dalla presunzione di conoscenza da parte di tutti i cittadini (Corte d’Appello Catanzaro, 30 settembre 1997) Alla stregua di quanto sopra rappresentato, la pronunzia del Tribunale di Livorno — per come riportata da codesta Associazione - rappresenta un orientamento del tutto isolato nel panorama giurisprudenziale, in quanto tale inidoneo a determinare un mutamento degli orientamenti maturatisi in materia e costantemente ribaditi - come del resto sottolineato nella nota che si riscontra - anche dalla Corte di Cassazione. Escluso, alla stregua di quanto precedentemente rappresentato, che ricorra una situazione di giuridica doverosità relativamente all’apposizione di tabellazione identificativa della perimetrazione dei Parchi - e fermo restando che, ovviamente, rimane nelle prerogative dell’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano la valutazione dell’opportunità di porre in essere eventuali iniziative giudiziarie nei confronti della citata decisione del Tribunale di Livorno - si rappresenta, comunque, l’intendimento di questa Direzione di sollecitare l’attenzione degli Enti interessati al fine di adottare le opportune misure volte: all’apposizione di idonei elementi “fisici” atti ad individuare con esattezza i confini dell’area protetta (ovviamente accompagnando tale iniziativa con il complementare svolgimento di un’attività di vigilanza volta a scongiurare indebiti comportamenti di rimozione o danneggiamento della segnaletica); ed alla “pubblicizzazione” della perimetrazione stessa attraverso altre modalità di carattere informativo (quali, ad esempio, una più chiara e puntuale indicazione sul sito WEB del Parco, le sinergie in termini di diffusione notiziale sviluppabili con le locali associazioni venatorie, nonché il ricorso ad altri strumenti, quali le pubbliche affissioni, ovvero la distribuzione mirata di opuscoli informativi). Distinti saluti. IL DIRETTORE GENERALE (Dr. Aldo Cosentino)
cosentino commissario parco