Torna indietro

Referendum: perché l'astensione è un gioco furbo

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : venerdì, 03 giugno 2005

Da bravi cittadini della repubblica negli ultimi giorni ci siamo informati sui referendum che si terranno fra qualche giorno. Secondo quanto abbiamo appreso, ascoltando le diverse campane, volevamo fare una riflessione ad alta voce. Il problema principale che si pone è se verrà raggiunto il quorum. Infatti i contrari all'abrogazione si sono espressi più per l'astensione che per il no. Una scelta legittima, dicono molti, ma alquanto furbesca. Per una ragione semplicissima. In Italia, a prescindere dal tipo di consultazione, esiste un 20-25 % di "astensionismo fisiologico", ovvero elettori che, generalmente per indifferenza, non si esprimerebbero in ogni caso. E' ovvio che in una situazione del genere i fautori del no si trovino con una base di partenza molto favorevole nei loro propositi di inficiare il referendum. Così nel caso del non raggiungimento del quorum, ci troveremmo il giorno dopo con schiere di politici sostenenti a sproposito il volere della maggioranza degli italiani circa il mantenimento dell'attuale legge, dando voce interessatamente anche alla non trascurabile percentuale di cui sopra. Il classico giochetto, a nostro avviso sporco, del "popolo è con noi". Non riteniamo quindi giusto usare l'astensione per una battaglia così importante. Va prima di tutto a danno dello strumento referendario stesso, e inoltre viene calpestata la decisione di una maggioranza (questa sì) sostanziale. Se i contrari volevano davvero, come sostengono, avviare un dibattito nel paese, ci chiediamo perché allora abbandonare il campo, come in pratica stanno facendo. Nello svolgimento di questa campagna referendaria invece siamo quasi al surreale. Innanzitutto l'averla trasformata quasi a una battaglia della vita contro la morte, come se la ricerca sulle staminali embrionali non servisse a cercare di curare malattie gravissime. O l'aver messo la figura dell' embrione al centro dell'attenzione, quasi che la donna fosse ridotta alla stregua di un'incubatrice naturale. Ci sembra retrivo privilegiare i diritti di un inizio di vita (vita, certamente, ma non ancora formata e sviluppata) a scapito di quelli di un'altra vita ma autonoma e raziocinante, manco che la prima fosse già in grado di prendersi una laurea o di sposarsi, come quasi si lascia intendere in alcuni talk televisivi utili più a incasinare le idee che a far capire. Questo tra l'altro non potrebbe non avere conseguenze sulla legge dell' aborto, poiché parificare la vita di un embrione a quella di una persona significherebbe accettare l'equazione aborto uguale omicidio. Saremmo al peggior oscurantismo, all'antirelativismo di marca teocon (che peraltro negli Stati Uniti, dove è nato e appoggia il presidente, non è riuscito a incidere in alcuni stati, anche a maggioranza repubblicana, sull' approvazione di leggi molto più progressiste della nostra sulla stessa materia). Ci meraviglia che dalle nostre parti certi accesi sostenitori, a suo tempo, dell'aborto, oggi sposino queste tendenze, senza trovare alcun paradosso. E arrivino addirittura a evocare i fantasmi dell'eugenetica, la scienza di etichetta pressoché nazista sul miglioramento della specie, nel caso di vittoria del sì. Cosa che ovviamente nessuno tra gli abrogazionisti si sognerebbe mai di volere e men che meno tollererebbe. Altrettanto paradossale, se non sviante, ci sembra citare nel dibattito padri della chiesa come sant'Agostino o Tommaso d'Aquino per puntellare le proprie tesi. Soprattutto perché il loro pensiero filosofico va contestualizzato al periodo in cui sono vissuti: e francamente non ci risulta che a quei tempi vi fossero le biotecnologie. E sviante, perché rischia di trasformare il tema in esclusivo campo di competenza di filosofi e teologi, e quindi troppo ostico per la maggioranza. Invece riteniamo che sia un argomento che riguarda la nostra società civile; e la cui decisione sia una cosa troppo seria, consentiteci la battuta rubata a Clemenceau, per lasciarla fare all'attuale governo. Siamo sicuri che la maggioranza degli italiani non rimarrà indifferente alla scelta e andrà alle urne. E noi personalmente saremo con essa, con i nostri quattro sì.


urna elettorale

urna elettorale