Paolo Chillè ci invia una pregevole lirica giunta (giunta?) in redazione a Teleelba che ci corre l'obbligo di riportare POEMETTO "PRODROMICO" So di un tal, mosca cocchiera Del locale giornalismo, Che al calare della sera, Ha il problema esistenziale Di combattere l'insonnia Che lo inchioda sul guanciale. Si dibatte e si dispera Questo colto redattore Fino a che una certa sera Ha un'idea così geniale Che gli provoca ogni notte Un orgasmo virtuale: Veste i panni del censore Sale sopra un piedistallo Ed insulta il Senatore. Questo breve madrigale Se pur grezzo e strampalato Ha pur sempre una morale: Quanto più piccini siamo, Tanto più a insultare i grandi Importanti ci sentiamo. Il Poeta Ovviamente ci deve essere consentita una chiosa al rimare di questo Vate(r) che verga versi barbari (assai), e che si avventura sulle sabbie mobili della rima che, come noto, accelera la favata più di quanto un sincrotrone faccia con le particelle sub-atomiche. Partiamo dalla definizione piuttosto a pene di segugio che il sedicente poeta dà del suo componimento, che autoproclama "madrigale" (alla grazia del petrarchesco!). Errore, non lo è, al massimo e con bonomia potremmo considerarlo uno "strambotto", o una "villotta" proprio a tirarla per i capelli (operazione sempre rischiosa e talvolta impossibile da quelle parti). Passiamo alle incongruenze: l'insonnia non inchioda proprio nessuno al guanciale, caso mai fa rifuggire dal medesimo, nel caso di specie poi, tenuto conto che il poeta (arguto come un cervo) pare riferirsi al Direttore di questo giornale, il problema è la "sonnia" e non l'insonnia, nel senso che gli scarseggia il tempo per dormire, non la voglia né la capacità. Ma torniamo sul titolo della composizione: "Poemetto (addirittura!) Prodromico". Prodromico rispetto a che cosa? Il nostro sta minacciando di inviarci "Rime Ciuche", la sua completa opera? O, come l'assessore, pensa che il prodromo sia un posto dove si corre qualche gara? Ed approdiamo alla parte contenutistica (si fa per dire) dell'inconscio strambotto: In essa si accenna ad orgasmi virtuali che ci sarebbero causati dall'insultare un "grande". E chi sarebbe poi il grande in questione (grande - magnus: come Alessandro, Carlo, Papa Gregorio..)? Nientepopodimenoché il pistoriese senatore Bosi! Mecojoni! (direbbero a Roma) Ma mi faccia il piacere! (farebbe da contrappunto Totò). In cosa sarebbe "magno" il Senatore, di grazia? E' "grandino" d'età, è vero, ipotizziamo che possa essere un grande amicone, un grande presenziatore alle parate, forse un gran bel giocatore di briscola, ma poi dove starebbe la sua grandezza? Se esiste la dissimula benissimo. E andiamo a chiudere tranquillizzando il leccator cortese: il Senatore ci è capitato tra i piedi quando avevamo trascorso (benissimo anche in sua assenza)la parte maggiore del nostro vivere, non ce lo siamo andati a cercare. E non ci sta neppure umanamente antipatico, non lo lasceremmo all'olmo durante una passatella o un trussù, e se si limitasse a fare da elemento coreografico, come fa di solito, ammetteremmo che non sarebbe un gran danno (ce ne sono di più nocivi), il problema è che ogni tanto gli prende il ghiribizzo di fare politica e comunicazione, due versanti dell'attività umana per i quali non è affatto tagliato. In quel caso non saliamo per niente censoriamente su un piedistallo, ma umilmente, francescanamente, commentiamo quel che scrive, con ciò scendendo al suo livello. A quello del cireneo rimante no, che a tutto c'è un limite.
Francesco Petrarca