Ci sono senz’altro delle buone ragioni da condividere con chi difende la qualificazione “Nazionale” del PNAT. Tale attribuzione non è, infatti, dovuta ad una mera competenza istituzionale, bensì ad una ben più efficace classificazione dei valori ambientali che s’intendeva tutelare (vedere i criteri con i quali è attribuita tale qualifica). La posizione acquisita con il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ci colloca tra i siti di rilevanza mondiale, per alcuni beni e valori scientifici caratteristici della realtà delle isole, che si vedrebbero costretti a retrocedere in un “contenitore e vettore”, quello regionale, non adeguato alla portata universale di tali beni. La loro promozione e protezione con mezzi e risorse altrettanto adeguate potrebbero subire un ridimensionamento. Inoltre la classificazione Nazionale c’inserisce in un circuito istituzionale Europeo e mondiale, di rilevante prestigio per il patrimonio terrestre che importanti organismi internazionali intendono proteggere, per gli interessi e le attenzioni che suscita e che al contrario, con la regionalizzazione, sarebbero persi o senz’altro attenuati. Ci domandiamo, comunque, il perché di una tale proposta che tenderebbe ad attenuare tale presenza. Può darsi che abbia pesato lo scontro con il Ministero dell’ambiente, il quale per ragioni di schieramento politico non ha voluto riconoscere nessun ruolo alla Regione; come può darsi pesino certe rigidità, opportunismi ed ambiguità dimostrate verso la realtà del Parco, da parte di settori elbani del centrosinistra e che abbiano indebolito ed isolato quest’istituzione dal contesto politico e l’abbiano lasciata alla merce del Ministero e di certe lobbys locali. Ci sono stati anche settori economici, locali e non, che hanno guardato, in modo egoistico ed utilitaristico, al Parco, solo come possibile fonte d’assistenza e sostegno finanziario pubblico, quasi come sostituto della vecchia Cassa del Mezzogiorno o dell’Eve, disconoscendone o marginalizzandone lo scopo principale di tutela e promozione delle risorse naturali dell’arcipelago. C’è stato in questi anni da parte di tutti gli attuali amministratori comunali, proposte di riperimetrazioni che tendevano a depotenziare certi vincoli ed a ridurne gli spazi. In questi anni di gestione commissariale, il Parco è stato usato demagogicamente verso gli anti (cacciatori), con concessioni di spazi alla caccia in deroga alla legge che la vieta e verso i favorevoli (associazioni ambientaliste ed integralisti puri), come potenziale gendarme verde contro i Comuni e come controllo ferreo del territorio e del mare, o, addirittura, come riserva o dependance privata per amici e potenti di turno. Cioè, se ne è fatto di tutto e di più e se ne vorrebbe fare un uso lontano dallo scopo istituzionale per il quale è stato originariamente istituito. Se ne è depotenziato la forza e se ne è fortemente minato la credibilità ed il radicamento positivo sul territorio. In tutto ciò vi sono responsabilità politiche, sia locali che continentali, ma vi sono anche i limiti strutturali di questa istituzione, legati alla legge; basti pensare: alla procedura istitutiva fortemente centralistica; alla limitatezza e quindi insignificatezza della perimetrazione a terra e a mare, per un Parco che si vuol qualificare di rango “Nazionale” od alla contrapposizione/incomunicabilità dell’ Organo Direttivo dell’ente Parco, composto per la maggiore di nomine Ministeriali centrali e d’apparato, con la Comunità del Parco, espressione democratica e “veritiera” delle istanze del territorio. Ma la rilevanza istituzionale del proponente, il Presidente della Regione Toscana, c’induce a ritenere che possano esservi ragioni meno contingenti o riconducibili alla sola questione della pur sempre importante questione del conflitto istituzionale con il Ministero. Questioni che vengono da lontano, non risolte e che oggi si riaffacciano, indotte anche dalla domanda di sviluppo e modernizzazione. Per cui ci poniamo delle domande su alcuni aspetti che possono aver influito nella riflessione che si è aperta sul futuro e sulla classificazione, Nazionale o Regionale, del Parco: 1) Si vuol dare una risposta all’eccessiva tensione e conflittualità tra interessi, quelli connessi allo sviluppo turistico (per lo più gravante sulla costa e mare) e sociale (adeguamento qualitativo degli standards abitativi e dei servizi per gli abitanti) delle isole e quelli connessi alla pur necessaria tutela ambientale, legata a vincoli di protezione, senz’altro più forti e rigidi di quella regionale, che la qualifica “nazionale” comporta? 2) Ci si vuol misurare, con più flessibilità e pragmaticità, con certe inconciliabilità e dissensi mai sopiti, di numerose e determinate categorie sociali ed economiche locali: i cacciatori, i pescatori, gli immobiliari, gli imprenditori e artigiani edili, categorie professionali a questi connesse, operatori e attività nautiche, marine, balneari, ecc. Tutte categorie che “soffrono” il condizionamento dovuto alla presenza di vincoli di terra e di mare e che limitano l’iniziativa e gli spazi vitali ad esse necessario per esistere e svilupparsi? 3) Si vuole per questa via recuperare una maggiore partecipazione democratica e trasparente e una governabilità istituzionale del territorio, in aderenza al superamento di una forma centralistica dello Stato che la legge 394, istitutiva dei Parchi Nazionali, ancora mantiene; specie dopo la riforma del titolo V della Costituzione e di quella ancora più forte che deriverà dalla riforma costituzionale in corso, che invece decentrano e attribuiranno alle Regioni competenze legislative esclusive su molte materie? 4) Oppure si sta forse prendendo atto che in questi anni d’immobilismo e d’aspettative inevase del Parco, si è andati a compromettere, ormai in modo irreparabile, se non irreversibile, la qualità ed integrità ambientale delle isole, specie quelle di carattere naturalistico e paesaggistico, per cui si è progressivamente ridotto il valore su cui poggiava la realtà e la qualificazione di parco “nazionale” e che quindi si può scendere di un gradino, “regionale”, la scala di valori da tutelare? Sono domande che attengono alla realtà attuale ed al futuro delle isole dell’Arcipelago Toscano e come tali insopprimibili ed alle quali è necessario rispondere. Se la provocazione del Presidente Martini deve servirci per trarre un bilancio ed un’analisi più realistica del Parco ben venga. Ne sentiamo il bisogno di questa discussione, senza bandire crociate e senza far finta di niente. Ma questa riflessione facciamola, allargando il campo. Guardando all’insieme dei problemi delle isole, al modello di sviluppo, al futuro e trovando le necessarie coerenze e responsabilità. I nodi o si sciolgono in tempo, altrimenti vengono al pettine. Governare vuol dire appunto sciogliere i nodi. Da qualche tempo sosteniamo che di un nuovo modello di sviluppo ha bisogno l’Elba. Un modello che proprio perché si dimostri efficace e valido, deve sapersi misurare con le contraddizioni ed i conflitti che lo sviluppo e la modernizzazione reca con se. Un tale modello è quello che saprà conciliare i vari interessi che compongono il microcosmo Elba: interessi di tutela e promozione ambientale, interessi di sviluppo e modernizzazione economica e turistica, interessi sociali connessi alle condizioni di vita materiali delle popolazioni elbane. Lasciarli alle spinte spontanee ed agli istinti particolari, divisi ed incomunicanti, in una lotta senza regole e senza una visione comune è ciò che è stato fatto finora, con conseguenze negative. Questa complessità, al contrario, dovrà essere governata per trovare livelli di sintesi e coesione nuovi dello sviluppo e questo si potrà ottenere solo attraverso un progetto unitario e complessivo, con una partecipazione e condivisione di tutti questi interessi e soggetti ad essi correlati. Fondamentale è il ruolo e la collaborazione delle istituzioni democratiche, a cominciare dai Comuni, fino alla Regione e, non meno importante, è la presenza di uno strumento, il Parco, con adeguata classificazione e dimensione, efficace, credibile e condiviso per valorizzare e proteggere l’ambiente. Pensare di contrapporre la questione ambientale a quella dello sviluppo od a quella sociale sarebbe un errore, come lo sarebbe fare il contrario, puntare su di uno sviluppo economico e sociale a discapito o con la distruzione dell’ambiente. Equilibrio, mediazione e consenso possono aiutare la politica a trovare la forza per sciogliere questi nodi.
Poggio fosso della nevera
castello volterraio da vicino
moncione colonne 5
bosco piane al canale
capanne semaforo