Maglia a righe, jeans, mocassini. E pensi, la semplicità del racconto batte le guerre. La libera informazione è l’arma più potente. Le immagini dei pezzi di bambini divelti al mercato di Sarajevo, o le foto delle torture del carcere di Abu Ghraib, sono i veri vaccini contro la guerra. C’è una speranza contro Bush, Saddam, Blair, Berlusconi: la speranza dei racconti. Nel momento in cui si narra l’orrore per un bambino morto ammazzato, se ne salvano decine. Per questo si uccidono giornalisti, perché sottraggono morti alle guerre, e senza morti come si fa. Giovanna Botteri parla con grande passione, davanti a decine di ragazzi dell’ITCG Cerboni, del suo lavoro di inviata nei territori di guerra, dei suoi inizi, della sua amicizia con Ilaria Alpi. In prima fila, con le mani sudate e un groppo fisso in gola, c’è un’altra giornalista che ha fatto la corrispondente dal Ponticello o al massimo si è spinta fino ai confini piatti di Pianosa. Giovanna Botteri parla con sdegno e grande partecipazione delle guerre moderne, contro i civili, basate sulle menzogne di stato, piovute in testa ai ragazzini che giocano a pallone nel cortile di casa. Così la guerra entra in casa di tutto il mondo, non come il Risiko con i carrarmati di plastica, ma con il puzzo del sangue. Una trasfusione per fermare l’emorragia della bestiale umanità. La guerra a scuola, nei mercati, sui marciapiedi, è la guerra che sa raccontare la Botteri. I ragazzi ascoltano senza fiatare, poi fanno domande preparate e spontanee, chiedono di farsi raccontare la vicenda di Ilaria Alpi. “Ilaria era la mia compagna di banco in redazione, di lei ho un’immagine molto privata, delle mille piccole cose che si fanno tutti i giorni. Un giorno ha filmato delle cose che non doveva filmare. Dire la verità può costare la vita”. La giornalista in prima fila forse sta pensando a quando fece le foto nella palestra di Viale Elba e l’allora assessore all’istruzione dileggiò il suo nome per circa venti minuti davanti ai microfoni della tv amica. E’ sudata, ma presuntuosa. Giovanna Botteri scuote le coscienze dei giovani studenti: “Noi abbiamo il dovere di raccontare, ma il mio lavoro non ha senso senza di voi.” E ancora: “Dobbiamo essere, tutti, ogni giorno, i cani da guardia della Democrazia”. Poi la piccola giornalista si avvicina, si presenta, parla del suo giornale on line, e brevemente racconta del linciaggio morale che alcuni giornalisti hanno subito dopo i casi di malaffare scoppiati all’Elba. Giovanna Botteri ascolta con semplicità: “Siamo tutti in trincea, abbiamo tutti le nostre guerre. Io avevo la scorta armata, ma spesso in Italia, in Calabria, al Sud, ci sono giornalisti completamente soli.” Grazie Giovanna, continuerò a raccontare la mia breve guerra, dove continuano a morire le spiagge libere, i negozi a conduzione familiare, i piccoli gesti di legalità, i diritti dei detenuti extracomunitari.
giovanna botteri itcg
botteri ragazzi