In quella dura scuola di giornalismo che era l'Unità, quando protestavi perchè eri arrivato tutto fiero a proporre un articolo e ti davano da fare un pezzullo, su una cosa che ti sembrava importantissima, non era infrequente sentirti rimbeccare dal grande Gabriele Capelli: "La dichiarazione di Yalta era lunga otto righe e ha cambiato i destini del mondo .." Abbiamo sentito di nuovo alludere a Yalta oggi dal quasi estinto Presidente del Consiglio che pare sempre più impegnato a prepararsi per la sua fatica prossima ventura, quella che impegnerà i suoi giorni quando dovrà prendere atto che la maggior parte degli italiani vogliono che faccia come il Baglioni (che si recò altrove): il re-make-up dell'opera del grande pensatore Adriano Celentano: "Il Re degli Ignoranti" Abbiamo appreso dal baiardo premier che lui, come riferisce la miciovignetta, avrebbe messo d'accordo "nella polemica su Yalta" nel suo breve soggiorno moscovita i suoi compagni di merende Bush e Putin (che tra i tre non solo ha letto dei libri, ma li ha anche capiti, per questo è il più pericoloso). Il vanesio protagonismo di quest'ometto rifatto come un datatissimo tegamone, risulta sempre meno sopportabile, e questo blitz moscovita, dopo essersi concesso alle telecamere per parlare di una cosa degna di uno statista come i ludi pedatori di giovanotti scandalosamente da lui pagati, ci ha particolarmente fatto incazzare. Ci siamo chiesti se gli è restato il tempo, mentre faceva il paciere e l'amicone di questi due poco raccomandabili quanto potenti personaggi, per domandare (lui che vede comunisti ovunque) a uno se si era pentito di essere stato nientemeno che uno dei capi del KGB, all'altro se non si vergogna per non averci neppure chiesto scusa dopo averci indebitamente ucciso anzi assassinato un valoroso connazionale. Ma era una domanda evidentemente retorica, gli ometti della sua levatura sono sempre arroganti con i deboli, e "amiconi" servili con i potenti, non fanno niente che possa anche solo irritarli.