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Storia di ordinaria insensibilità al porto di Piombino

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : giovedì, 28 aprile 2005

Non avrei mai pensato di dovermi trovare un giorno ad esporre pubblicamente il mio dolore privato, lo faccio cercando di contenere e dosare la mia rabbia parola per parola, per non offendere nessuno, ma neppure per passare sotto silenzio le responsabilità e la grave ingiustizia che ho dovuto subire venerdì pomeriggio del 23 aprile sul porto di Piombino. Insieme ai turisti felici di trascorrere un week-end all’Elba, alle 17,30 nel grande piazzale assolato, c’eravamo anche noi, io e mia moglie, appena dimessa dal reparto ematologico dell’ospedale di Pisa, dopo tre settimane di degenza ed una estenuante chemioterapia, per combattere la leucemia mieloide acuta di cui è affetta. I medici mi avevano telefonato la mattina stessa dicendo di andarla a prendere perché i valori ematici, pur molto bassi, le consentivano di trascorrere alcuni giorni a casa. Anche il ritorno a casa fa parte della terapia: ritrovare i figli, gli amici, aiuta a sopportare meglio le cure. Ricordarsi, dopo settimane di pareti d’ospedale, di come è piacevole la vita anche nei suoi aspetti quotidiani rafforza nel malato il desiderio di vivere. Di ritorno da Pisa ho fermato l’auto davanti alle biglietterie del porto di Piombino, nell’unica zona d’ombra del piazzale, ma in divieto di sosta. Mia moglie, con la mascherina e sdraiata sul sedile, non poteva rimanere al sole. Subito un lavoratore portuale mi ha fatto cenno di spostarmi, sono sceso, ho spiegato la situazione, ma là non si poteva parcheggiare. Ho visto allora degli agenti della Guardia di Finanza, mi sono avvicinato, ho fatto presente il caso, e loro molto gentilmente mi hanno permesso di far rimanere mia moglie all’ombra. Sono salito alla biglietteria, la prima nave in partenza era la Moby delle 18,20, io avevo anche la borsa termica con gli specifici medicinali consegnatimi all’ospedale di Pisa. Gentilmente i gestori del ristorante al piano superiore della stazione Marittima mi hanno permesso di conservarli nei loro frigoriferi. Mi sono messo in coda alla biglietteria della Moby Lines , arrivato il mio turno mi dicono che non c’è posto. Io allora cerco di spiegare che sono residente e che sto riportando mia moglie a casa dopo una lunga degenza per una grave malattia. L’operatore non si consulta con nessun collega, mi ripete che non c’è posto e mi prega di farmi da parte. Io insisto, lui è inflessibile e scocciato, mi dice di far salire mia moglie a piedi, ma lei non può neppure camminare, non può respirare dove ci sono molte persone, per lei anche il respiro degli altri è un’insidia. Esasperato chiamo il 112, mi rispondono che hanno tutte le pattuglie fuori. Mi dicono di chiamare un’ambulanza, ma con il 118 mia moglie sarebbe stata ricoverata inutilmente presso l’ospedale di Villa Marina. In preda alla rabbia e lo sconforto esco dalla stazione marittima e proprio là sotto vedo un’auto dei Carabinieri di scorta ad un importante personaggio. Mi avvicino, parlo con il Brigadiere, mostro tutta la documentazione. In un attimo si rende conto della gravità della situazione, ed insieme al Maresciallo della Guardia di Finanza del presidio delle Fiamme Gialle al Porto di Piombino coordinano le operazioni. Il maresciallo si presenta personalmente alla biglietteria e dopo ulteriori spiegazioni ed insistenze, parlando anche con i responsabili dell’ufficio, riesce ad acquistare il biglietto per la mia auto. Nel frattempo il piazzale è totalmente congestionato dai mezzi in imbarco, diversi agenti riescono a liberare una corsia di transito, attraverso una ginkana di auto, pullman e passeggeri ci fanno arrivare sul ponte della nave e di autorità ci fanno salire a bordo con l’auto Abito a La Zanca, dopo un’ora di traversata avevo davanti a me ancora un’ora di viaggio, ammesso che ci fosse stata disponibilità di posti in quel giorno caotico per gli imbarchi, non avrei potuto aspettare la nave successiva, con i medicinali nella borsa frigo, con mia moglie stanca dietro la mascherina ed i guanti. Sono profondamente indignato per come sono stati calpestati i diritti di una persona malata: la struttura portuale di Piombino si sta rivelando sempre più a misura di tir, distanze faticosamente percorribili a piedi, parcheggi sotto il sole, scarsa attenzione per i pedoni. Ma sono indignato soprattutto per la mancanza di un corridoio privilegiato per i residenti elbani in difficoltà, che non ci stanno a cedere il proprio sacrosanto diritto alla salute in cambio di un pullman in più di turisti da traghettare sull’isola felice. Io ho dovuto fare la voce grossa, ed ho avuto la fortuna di incontrare agenti delle Forze dell’Ordine umani ed efficientissimi, che ringrazio pubblicamente, ma altrimenti non so come avrei fatto. Di fronte ad un' urgenza reale e dimostrabile, non esistono posti riservati, la sofferenza è carta straccia. Se ho parlato del mio dolore privato è perché mi auguro che situazioni come questa non debbano più ripetersi, e perché mi auguro che la moderna struttura portuale di Piombino ed il sistema dei collegamenti marittimi siano ripensati a misura d’uomo: abitare su un’isola non può essere un handicap ulteriore, non può esistere nessun diritto negato in nome di nessuna economia turistica.


stazione marittima piombino roma pace

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