Ha dell’incredibile la notizia che la sezione distaccata del Tribunale di Livorno ha recente assolto “perchè il fatto non sussiste” un cacciatore di Rio Marina – beccato nel novembre 2002 con il fucile nell’Area Protetta dalla Polizia Provinciale - dall’accusa di aver esercitato la caccia all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. L’assoluzione sarebbe avvenuta perché i confini del Parco non erano chiaramente riconoscibili e quindi per il cacciatore sarebbe stato impossibile distinguere l’area vietata alla caccia da quella libera. E’ molto strano perché è ormai chiaro e consolidato il fatto che per il Divieto di caccia nei Parchi non necessitano le tabellazioni. Lo dice espressamente la Cassazione penale sez. III, sentenza del 19 marzo 1999, n. 5457: “ai sensi del combinato disposto degli art. 21 comma 1 lett. b) e 30 comma 1 lett. d) l. n. 157 del 1992 e dell'art. 22 comma 6 l. n. 394 del 1991, l'attività venatoria è vietata all'interno di tutti i parchi nazionali, naturali regionali e delle riserve naturali (…) risultando inapplicabile in tal caso il principio del "favor rei". I parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati su Gazzette e Bollettini Ufficiali, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di essere individuati come aree ove sia vietata l'attività' venatoria e pertanto non può essere riconosciuta la buona fede degli imputati del reato di esercizio venatorio in area protetta in caso di assenza di tabellazione”. La stessa Cassazione lo riconferma con le sentenze n. 4756 del 09/03/1998; n. 24786 del 06/06/2003 e infine con la recentissima n. 5489 del 26 gennaio 2005, che condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda un cacciatore che aveva esercitato attività venatoria in una riserva naturale. Dice la Cassazione: “l’introduzione a fini di caccia non può essere in alcun modo giustificata sussistendo a carico di chi esercita attività venatoria l’obbligo di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari per il suo corretto esercizio desumibili oltre che dallo strumento cartografico regionale, dalla pubblicazione calendario venatorio. Ne consegue che l’abusivo esercizio della caccia è sanzionabile a titolo di colpa anche in assenza di tabellazione gravando su chi esercita la caccia l’onere dell’esatta individuazione”. “Quella del Tribunale di Livorno è una sentenza pericolosa – dice Umberto Mazzantini del Direttivo Nazionale di LEGAMBIENTE – se passasse questa linea ai cacciatori basterà distruggere e far sparire i cartelli di confine del Parco Nazionale, come già avviene da tempo ad opera di attempati teppisti, per entrare indisturbati a cacciare dentro l’Area Protetta”. Per LEGAMBIENTE è quindi è necessario che, dopo questa sentenza che ignora i ripetuti pronunciamenti della Cassazione, Ministero dell’Ambiente, Provincia di Livorno e Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, ricorrano contro questo pronunciamento del Tribunale di Livorno, si costituiscano parte civile, e svolgano un ruolo più attivo e consapevole di quello che, evidentemente, hanno fino ad oggi esercitato su questo tema.
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