“Il Consiglio dei Ministri, adunato mentre stanno per crollare gli ultimi resti della dominazione fascista sostenuta dalle baionette tedesche, saluta gli eserciti vittoriosi che hanno varcato il Po e che vibrano l’estremo colpo al nemico in ritirata. Il Consiglio è lieto di constatare che tra le truppe che marciano alla liberazione del territorio nazionale sono le bandiere e gli animi degli italiani che hanno preso spontaneamente il loro posto naturale nel grande campo di battaglia in cui si è trasformato, per follia degli uomini, il mondo civile”. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Ivanoe Bonomi invia questo messaggio alle truppe combattenti il 25 aprile del 1945. Se qualcuno ha voglia di rileggersi un po’ di atti ufficiali della giovane costituenda Repubblica Italiana si accorgerà che la festività del 25 aprile nasce in via provvisoria con un Decreto legislativo luogotenenziale del 22 aprile del 1946; la provvisorietà durerà per un triennio . Su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in concerto con i Ministri del Tesoro Giuseppe Pella e del Lavoro e della Previdenza Sociale Amintore Fanfani, viene presentato al Senato il 17 settembre 1948 il disegno di legge n 75 che deve stabilire l’elenco delle ricorrenze festive. Il 25 aprile viene da allora annoverato fra le solennità civili; l’unica Festa Nazionale sarà quella del 2 Giugno. L’Italia non è ancora, a distanza di 60 anni da quel 25 aprile, un paese normale; in tutte le altre nazioni civili tutti festeggerebbero la liberazione della nazione da 24 anni di dittatura, di leggi speciali, di negazione delle libertà più elementari: la libertà di riunirsi, di aderire ad un partito politico, ad un sindacato, ad una associazione, la libertà di esprimere le proprie idee, la libertà di professare la propria religione, la libertà persino di leggere libri stranieri e di ascoltare la musica preferita. In quel lungo ventennio erano stati aboliti tutti i partiti di opposizione, di destra, di centro e sinistra, per usare le odierne categorie, e gli avversari politici erano stati zittiti, perseguitati, confinati, reclusi ed in alcuni casi fatti uccidere (Matteotti; Rosselli, etc etc); non si erano più svolte libere elezioni ed i giornali erano fonti pressoché uguali di notizie elaborate da un apposito ministero. Il peggio doveva ancora venire: fu gettato un paese in una guerra assurda e sbagliata che produsse milioni di morti e feriti e la distruzione di una nazione. Tanti nostri connazionali di religione ebraica furono prima estromessi dalla vita civile con le leggi razziali e poi, molti di loro, furono inviati a morire nei campi di sterminio L’Italia insieme a Germania e Giappone coinvolse in un gorgo di morte e distruzione decine e decine di altri paesi. Quando gli alleati si impegnarono a liberare il nostro paese dalle truppe tedesche e della repubblica sociale, lo fecero schierando eserciti composti da persone provenienti da ogni angolo del pianeta; nei cimiteri di guerra si possono leggere nomi di soldati statunitensi, inglesi, francesi, polacchi, australiani, neozelandesi, senegalesi, marocchini,indiani, pakistani, canadesi e di molti altri paesi ancora. Morirono per liberare l’Italia da una dittatura feroce anche tanti partigiani italiani, portatori di bagagli culturali e di idee diverse, tutti però mossi dall’unico intento di ridare dignità ad un paese. Circa 600.000 soldati italiani prigionieri di guerra dei tedeschi dopo l’8 settembre, pur in condizioni di restrizione e pesantemente ricattati, nella loro quasi totalità non aderirono alla repubblica sociale; in conseguenza di questa loro sofferta ma coraggiosa decisione nella migliore delle ipotesi si fecero due anni nei campi di prigionia tedeschi; diverse migliaia di loro non tornarono più in patria dai loro cari o lo fecero da morti. Quando da molte parti ci si sciacqua la bocca con il concetto di Patria sarebbe opportuno chiedersi quale idea di Patria avevano Mussolini e gli altri gerarchi quando dettero vita ad un protettorato tedesco in territorio italiano pomposamente auto proclamatosi repubblica sociale italiana. Quale sarebbe stato il futuro di questo paese, se avessero prevalso i tedeschi ed i repubblichini di Salò se non il perpetuarsi del regime che già angosciava e terrorizzava l’Italia da decenni; per nostra fortuna ciò non è successo e questo Paese è divenuto una nazione libera, moderna e democratica . Allora tanti scelsero di schierarsi dalla parte che poi si è rivelata essere quella giusta, altri scelsero la parte sbagliata; tanti morirono, spesso in giovane età. La morte deve essere sempre rispettata da tutti. Ma la morte che accomuna tutti quelli che perirono combattendosi sessant’anni fa non deve e non può parificare e accomunare i diversi ideali che furono il motivo della contrapposizione di quei giorni, in uno strano e non ben chiarito concetto di pacificazione che maschera invece spesso il desiderio di dare del fascismo un ritratto del tutto diverso da quello che realmente fu. Alcuni attuali ministri hanno dichiarato che non parteciperanno alle cerimonie per la celebrazione del 25 Aprile ed hanno detto che vedrebbero di buon occhio l’abolizione di questa festività, dimenticando di aver prestato giuramento sulla Costituzione Italiana che è l’atto stesso della raggiunta pacificazione nazionale e che deve tanti suoi contenuti alla lotta di liberazione contro la dittatura fascista. Bene ha fatto il Presidente della Comunità Montana a ricordarci il prossimo 60° anniversario del 25 Aprile; in forma anonima con il solito stile di chi preferisce tale modo di dibattere qualcuno ha criticato il suo intervento. Ricordiamoci che 60 anni fa qualcuno ha combattuto e magari è morto anche per dare a questi signori la possibilità di esprimere liberamente i propri pensieri; altri la pensavano in modo opposto e che ci dovesse essere un unico modo di pensare buono per tutti. Se qualcuno vuole organizzare su questi temi un incontro o un dibattito pubblico io parteciperò volentieri.
vignetta attilio 25 aprile