L’Architetto Parigi, Dirigente dell’Area 3 - Gestione e Sviluppo del Territorio ed Opere Pubbliche - del Comune di Portoferraio, asserisce che gli abusi realizzati nell’Area Protetta prima dell’istituzione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano nel 1996 non avrebbero necessità del nulla-osta dell’Area Protetta, ricordiamo che la cosa è già stata abbondantemente chiarita il 9 novembre 2000 dal Ministero dell’Ambiente che, rispondendo a un quesito posto dal Parco Nazionale del Cilento (applicazione ad opera degli enti parco nazionali dell’art. 32 della legge 47 del 1985).confermò che “In ordine all’attività amministrativa del Parco, quindi, l’Ente è in ogni caso tenuto a rendere il parere sulla sanatoria” . In quella nota del Direttore Generale Aldo Casentino, a sostegno dell’obbligatorietà del nulla-osta del Parco per qualsiasi tipo di condono all’interno dell’area protetta, si cita la pronuncia n. 20 1999 del Consiglio di Stato che ha messo la parola fine proprio sull’interpretazioni sul tema dei condoni nelle Aree Protette che sottolinea “l’obbligo di pronuncia da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria - cioè oggi, per i ritardi dei Comuni n.d.r. -, a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo”.. Quindi, i vincoli del Parco, anche su successivi all’abuso, valgono comunque, proprio perché quei vincoli, di un Ente sovraordinato, sono superiori a qualsiasi abuso e condono e alle eventuali sanatorie comunali. Va dato atto all’Architetto Parigi di aver posto correttamente e pubblicamente il problema, cosa che non fanno altre Amministrazioni Comunali dove sembra che nel territorio dell’Area Protetta non siano stati fatti abusi, visto che le domande di nulla-osta per i condoni non sono mai arrivate al Parco. La polemica è purtroppo solo tecnica e teorica, visto che il Parco, per ormai consolidata tradizione, i condoni li approva quasi sempre. Il 13 aprile il Professor Tanelli è intervenuto sulla questione dei condoni nel Parco, facendo una ricostruzione di come si arrivò a condonare molte baracche abusive di lamiera ed altro ciarpame, accettando di trasformarle in vere e proprie costruzioni in muratura. Dalla ricostruzione dell’ex Presidente del Parco potrebbe sembrare che la commissione nulla-osta ed il Consiglio Direttivo abbiano approvato tranquillamente quei condoni e trasformazioni edilizie, e che quindi oggi LEGAMBIENTE usi un diverso metro di misura su questo problema, non è così. In commissione nulla-osta il rappresentante di LEGAMBIENTE si è sempre battuto perché, così come avviene in altre aree protette, non fosse accettata questa ipotesi di condono con premio. Inizialmente la nostra tesi è stata supportata da quasi la metà della Commissione e poi, quando le concessioni di condono trasformate in muratura diventarono una prassi abituale del Parco, spesso dal solo rappresentante di LEGAMBIENTE. Nel Consiglio Direttivo il confronto è stato ancora più duro e con votazioni sempre sul filo del rasoio che hanno visto ambientalisti e “tecnici” da una parte e rappresentanti dei Comuni - compreso l’attuale Commissario del Parco Barbetti - e Presidente Tanelli dall’altra. E’ vero che sono state date dal Parco “precise prescrizioni edificatorie”, ma è anche vero che dei controlli, solennemente promessi dal Parco, sul reale uso a fini esclusivamente non abitativi di quelle costruzioni, non se ne ha notizia. Il rischio più grosso, che LEGAMBIENTE pose subito all’attenzione del Presidente Tanelli, è che queste concessioni di favore per gli abusivi, giustificate solo con un fatto estetico, si trasformino - visto che ormai gli abusi sono stati legalizzati e resi stabili costruzioni in muratura che somigliano più a miniappartamenti che a magazzini – in una nuova espansione edilizia nel Parco, ricorrendo a varianti generali, ampliamenti, escamotage edilizi vari e facendo leva sulle solite scuse: la prima casa e lo stato di fatto.
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