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TRENI

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 08 aprile 2005

Ettore Mo TRENI Nove viaggi ai confini del mondo e della storia “Dopo una vita ad alta quota con vertiginosi fusi orari tra l’Europa e le Americhe o l’Australia e l’Africa e l’Estremo Oriente, è stato bello intraprendere questo nuovo genere di nomadismo, con dimensioni e tempi più umani: e vedere il mondo da vicino affacciato ai finestrini, con uomini animali e case che puoi toccare semplicemente allungando una mano”. C’è una locomotiva a vapore in piazza della Repubblica a Città del Messico, davanti alla tomba di Pancho Villa e degli altri eroi delle molte rivoluzioni; è rimasto un troncone di binario a Birkenau, a memoria di un dolore collettivo e incancellabile; un infinito convoglio di cento vagoni attraversa il Nullarbor Plain australiano: containers, cuccette, ristoranti e cassette di sicurezza per opali e pepite d’oro. Un unico convoglio in cui i clandestini, ormai, sono solo un ricordo di traversate del continente nord americano fra le pagine di Kerouak, ma che altrove, ancora vivono una speranza che potrebbe essere vana già alla prima fermata al confine fra Messico e Guatemala. Il treno simbolo del viaggio attraverso gli stati e i continenti, il treno simbolo del viaggio attraverso il quotidiano e la straordinarietà, il treno simbolo di attesa di una nuova vita e di un esserci a dispetto dello spazio e del tempo, della storia e del futuro. Sono mille i treni ed è uno solo. A trenta chilometri orari in Mauritania o nella valle del fiume Urubamba, seduti sul tetto o a spartirsi il pranzo su panche di legno, non importa se trainati da una motrice elettrica o a vapore, i passeggeri sembrano vivere gli attimi del viaggio prescindendo dalla destinazione finale. Sono solo più biondi gli studenti di Oswiecim da quelli che scendono a Donoratico, ma fra i libri gli stessi sogni e le stesse speranze. Sono così distanti le donne quechua che affollano il treno per il mercato di Arequipa, da quelle che alla periferia di New York o di Milano si contendono un posto in piedi da dedicare ad una lettura fugace prima dell’ufficio? E intanto il treno trasporta il suo carico di sensazioni, di emozioni, di frustrazioni. Non importa se la destinazione finale sia Retiro o Termini, viaggiando sulle tratte della memoria rivoluzionaria o dello sfarzo reale, il mito inconsapevole dell’andare coinvolge ancora milioni di persone nel mondo, su rotte terrestri che sono da sempre le stesse, da quando il treno è diventato mezzo di trasporto di massa per uomini e merci, da quando si sono tracciati confini in funzione del passaggio della ferrovia. Il treno, da sempre, è simbolo ambiguo del progresso. Si tratti di incarnare le rinnovate prospettive, la speranza di un futuro migliore nel Treno del Sole che da Palermo raggiungeva Torino, come di assurgere a folle simulacro dell’umano pensare che l’individuo possa essere bestia da richiudere in un vagone piombato che taglia silenzioso l’Europa, o da sottomettere con un “cavallo di ferro” nelle grandi praterie dell’Arizona o dell’Oklahoma. Il treno è parte del nostro patrimonio di viaggiatori, straordinari o pendolari, studenti, giornalisti o pensionati, quante volte abbiamo delegato il nostro destino, le nostre emozioni ad un treno che attraversa la notte. Incontri illuminanti o lunghi silenzi, sto dormendo sto leggendo perché parli perché mi cerchi; quanto pesa la solitudine nessuno per accendere una sigaretta per scambiare una parola. Sì ma scendo alla prossima… Intanto il treno solca il buio, supera stazioni, ci porta ovunque pensiamo di voler andare, ma siamo noi ad andare o a farci trasportare? Quanta tristezza quando nessuno ci aspetta sul binario, che malinconia lasciarsi condurre lontano da chi resta. Attraversa campi e città, il treno, porta uomini, porta merci, rallenta per far salire una madre a Campobasso, è carico di minatori a Rio Turbio, illude sbandati verso casa nel ’43. Si viaggi in prima o in terza classe, si viaggi per ricorrere un amore o per abbandonarlo, ciò che resta alla fine è il viaggio, gli incontri occasionali, l’odore del cibo dalle sporte. Il treno percorre il mondo e porta il mondo attraverso continenti, generali sconfitti o vincitori “il treno non fa più fermate neanche per pisciare, si va dritti a casa senza più pensare che la guerra è bella anche se fa male”. Chi può scendere e chi deve restare a tagliare un’esistenza divisa fra abitudine e speranza, oltre le nuvole e le saline sulle Ande, oltre i versi di De Gregori, oltre i racconti di viaggio di Amado, facciamo silenzio, ascoltiamo il treno, ascoltiamone le mille voci. Ascoltiamo la realtà che scorre al di là del finestrino, e ci appartiene molto più di quanto vogliamo pensare, se avremo il coraggio, una volta giunti all’altro capo del mondo, di salire sopra un treno, e vedere gente, percepirne i profumi, ascoltarne le parole, guardarla in quegli occhi che vanno oltre l’orizzonte. Anche solo per avvicinarci a casa, o per fuggirne il più lontano possibile. Michele Castelvecchi Ettore Mo TRENI Rizzoli Euro 15,00