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Primo bombardamento all’Isola del Giglio 15 gennaio 1944

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 25 marzo 2005

Da i “Racconti di guerra” di Ivio Lubrani (seguito) Primo bombardamento all’Isola del Giglio 15 gennaio 1944 “Ero ritornato dall’ospedale di Orbetello l’8.12.1943 ed ero in convalescenza per pleurite. Erano tempi duri e la fame vera e propria imperava. Mancava persino il pane che avrebbe dovuto essere l’elemento base, mancava il sale che facevamo mettendo dell’acqua di mare nelle buche della roccia in campagna ma, mancando il calore sufficiente del sole essendo d’inverno, al contrario di quello che succedeva d’estate, l’acqua non evaporava ed il sale non si formava. Si metteva allora a bollire l’acqua di mare e si faceva evaporare completamente sino a che non si formava un residuo salino. Ma evidentemente oltre al cloruro di sodio precipitavano altri sali contenuti nell’acqua di mare e questo residuo diventava amaro e pressoché immangiabile. Ma ritorniamo al 15 gennaio 1944. Nella mattinata era venuto al Giglio il Comando di zona tedesco (diversi ufficiali anche di alto rango) e mia zia Lubrani Natalia aveva preparato un lauto pranzo organizzato e pagato da certo Talamonti che era il Capo dei Militi del Giglio e Monte Argentario. Questo Talamonti era da qualche anno fidanzato con Botti Rosella (mia cugina) e figlia della zia Natalia. Verso le ore 15 non appena i tedeschi partirono dal Castello per ritornare in Continente, mia mamma mi disse: “andiamo da zia Natalia a vedere se è avanzato qualcosa da mangiare”, ed andammo.Trovammo una lunga tavola ancora apparecchiata e “resti” per modo di dire, di carne, dolci e ogni ben di Dio. Gli occhi mi uscivano dalle orbite. Ma non ebbi la fortuna né la possibilità di approfittare di questa unica occasione per potermi levare di dosso la debolezza fisica endemica conseguente la malattia perché poco dopo sentii un rumore di aerei.Ma poiché chi non ha provato il fuoco non si rende conto come ci si può bruciare, così io non detti tanto peso a questa circostanza, anche perché ormai era diventata una rutine. Ma ecco un forte sibilo che andava via via ad aumentare; incuriosito di questo strano rumore andai verso la finestra per vedere di cosa si trattasse (non potevo sapere che era invece il sibilo delle bombe che cadono). Appena il tempo di avvicinarmi alla finestra ed un fortissimo boato con spostamento d’aria mi scaraventò a terra ad oltre due metri di distanza; la casa tremò sino a rischiare il crollo e caddero diversi calcinacci mentre tutti i vetri andarono in frantumi. Sei caccia bombardieri (aerei di taglia media tra i caccia e le fortezze volanti) si erano posizionati in movimento sopra il Castello e con delle virate in picchiata, perché questo era l’unico modo possibile per sganciare le bombe, ne fecero cadere a decine che scoppiarono fortunatamente tutte fuori le mura, alla Fontanella dove ora ci sono le case popolari, qualcuna sotto le mura di fianco all’asilo ed una davanti al negozio di Gianfranco, praticamente a circa 5 metri da dove mi trovavo io a casa di zia Natalia. La coincidenza con la presenza del Comando Tedesco ed il primo bombardamento non mi sembra certo causale, ma penso che anche questa volta ci sia stata una bella spiata. Impossibile descrivere lo stato d’animo di ognuno di noi, specialmente scossi oltre che dall’avvenimento inaspettato, dalla delusione che anche il Giglio (dove potevamo dormire su sette guanciali) aveva avuta frantumata la sua privacy. Prima che facesse buio, la maggior parte della popolazione si trasferì nei vari capannelli sparsi nella campagna per non sentirsi in trappola nelle case del Castello. Io con la mia famiglia andammo nel capannello di mio nonno Tonino a Sparvieri e lì dormimmo in 17 persone in uno spazio di ml. 4,00 x 2,00 circa. Rimasero al Castello i miei nonni e lo zio Ivo e Giuseppe i quali la mattina successiva ( mi sembra fosse domenica) salirono sul tetto del garage per sostituire diversi tegoli che erano stati danneggiati in conseguenza del bombardamento. Intorno alle 11 ecco spuntare all’improvviso quattro caccia dallo scollato delle Porte, a quota radente, e mitragliare il castello. I miei zii, presi di sorpresa, si gettarono giù dal tetto ed andarono a finire nella sottostante capanna delle galline dopo aver sfondato evidentemente il tetto di questa. Purtroppo mentre il giorno prima, con il bombardamento non c’era stato nessun morto ma qualche ferito leggero, il giorno 16 gennaio il mitragliamento causò la morte di Andreini Ezzelino sorpreso da una pallottola all’inguine mentre si faceva la barba davanti alla finestra di casa, e morì dissanguato. I soliti sei caccia bombardieri fecero altre due incursioni successive nel mese di febbraio e marzo, sempre su Giglio Castello, ma anche in queste occasioni nessuna bomba cadde all’interno delle mura; caddero invece proprio sotto la Rocca a pochi metri dalla cisterna delle acque nere. Probabilmente miravano ad abbattere il semaforo della Marina Militare che trasmetteva messaggi alle navi in transito attraverso l’alfabeto Mors con dei fari lampeggianti o con il linguaggio delle bandiere (ognuna rappresentava un simbolo). I sei caccia bombardieri lasciarono poi il posto ai quattro caccia semplici di stanza in Corsica che continuarono a bombardare sino al giugno 1944 quando cioè arrivarono gli Alleati. Qualche mese prima però i bombardamenti erano cessati e, guarda caso, dopo che era stato abbattuto volutamente dalla Marina Militare Italiana l’alto traliccio del semaforo posto in cima alla Rocca". (continua)


giglio

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