La notte della “Buon Costume” assomiglia ad un imbuto che sprofonda come l’inferno di Dante. Sul ciglione stanno i lucenti bar del centro con schieramento dei whishy più ricercati del mondo, o le subdole civetterie dei nights dalle costose penombre. Di qui si scende al girone di certe piazze e vie del centro, ai locali notturni di semiperiferia dove cominciano le nebbie, quindi alle banchine dei viali periferici, ai bar per iniziati che, ignoti anche ai passanti, si annidano all’ombra di vecchissime case incrostate di fame, di fumo, di sozzure e di delitti, giù giù alle scalcinate mescite a ridosso dei terrapieni ferroviari, ai segreti meandri dei parchi perimetrali, giù giù fino a certe pensioni di abbietto rango dove approda il rigurgito stanco dell’ultima risacca." (Le notti bianche del 777 - Corriere della Sera, ottobre 1965) Dino Buzzati è stato autore di famosi romanzi, pittore, sceneggiatore, fumettista. Ma tutto questo non è che l’inevitabile conseguenza del suo essere prima di tutto un narratore. Difficilmente i lettori italiani di giornali hanno potuto godere di pagine di letteratura assoluta, come quella che Buzzati ha offerto dalle colonne del Corriere della Sera e del Corriere di Informazione. La cronaca è il pretesto per lasciare che le parole affondino nei luoghi, nell’anima, nel quotidiano di personaggi anonimi e ora in prima pagina, o abituati alla ribalta ma non più padroni del proprio destino. La “nera”, dopo le censure del ventennio fascista, torna protagonista della storia reale o effimera del nostro paese, i processi che seguono i delitti sono spesso l’inevitabile diversivo per quanti desiderano mettersi alle spalle una tragedia collettiva, e confrontarsi da spettatori con drammi personali di altri. Così la pietà per le vittime e l’attesa della condanna dei colpevoli sono stati d’animo diffusi fra chi cerca la conferma che ora potrà essere solo lettore e non più protagonista di ciò che appare sui giornali, non più protagonista di un dramma, quello della guerra, che non lascia mai veri vincitori. Il giornalismo diventa grande narrativa, come fosse un romanzo e invece è realtà, che si tratti della follia omicida di Rina Fort, pazza d’amore al punto di massacrare tutta la famiglia dell’ex amante, o delle criminali imprese della banda Cavallero. Buzzati sa raccontare senza togliere niente alla drammaticità dell’evento, ma cogliendone gli aspetti più particolari e riproponendoli come fossero frutto non della mano dell’uomo, o di un tragico destino, ma della fantasia e dei sogni di chi scrive. L’angoscia e la solitudine della Fortezza Bastiani accompagnano l’isolamento di commissariati di periferia; le striscianti atmosfere di Poema a Fumetti si ripropongono nelle ambigue sere di una città che diventa metropoli; Milano vissuta spesso di notte, all’uscita da una redazione o a bordo delle auto della buoncostume, come l’ultimo arrivato fra i cronisti. E invece il giornalista è scrittore già affermato che media fra la notorietà e l’emozione del contatto diretto con il fatto, la ricerca degli aspetti più intimi, più nascosti di qualcosa che il giorno dopo sarà notizia. Un’antologia di episodi, personaggi, luoghi in due volumi – Crimini e misteri e Incubi - che potrebbero essere proposti come validi libri di testo nelle scuole italiane. Testi di letteratura, di giornalismo, di storia di trent’anni di Italia ma non solo. Eventi di “nera” o no, che hanno segnato generazioni di lettori, che hanno colpito la memoria comune e personale a seconda di come li si proponesse o li si leggesse. Il caso Fenaroli, la tragedia di Superga, la morte di Marilyn Monroe, la strage di piazza Fontana, fatti noti o dimenticati, ognuno affrontato cercando di scavare, con le parole, soprattutto nel lato più misterioso dell’animo umano, con la capacità e la sensibilità di chi ha saputo fare delle sue capacità di narratore un’ arte unica, sia che si trattasse di cronaca nera che di romanzi, o testi teatrali, fino a scarabocchiare fogli e dipingere tele per farne ancora altri racconti. …“Qui ne risultano 15 in più, ce ne hanno consegnato in soprannumero” avvertiva il Feldwebel “ e ci siamo dimenticati di contarli”. Il colonnello, sfavorevolmente contrariato dall’irregolarità contabile aveva fatto “Bah!” e aveva acceso una sigaretta. …ciascuno di quei quindici pesava nel conto più che una preordinata carneficina di migliaia di vittime. Perché qui l’uomo contava come creatura nemica da sopprimere mentre in questo caso no, meno che niente, meno di un verme o di un sasso considerato il nostro corpo con dentro l’anima immortale. Perciò - non riuscendo il signor colonnello, pur istruito, a intendere da solo queste cose – dinanzi alla prigione ogni sera stanno fermi quei quindici. In silenzio aspettano. E quando gli agenti escono fuori a ispezionare, mai che si trovi nessuno. (15 in più: Kappler e le Fosse Ardeatine - Corriere della Sera, 1946) La “nera” di Dino Buzzati Crimini e Misteri – Incubi A cura di Lorenzo Viganò MONDADORI Euro 15.80