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L'Isola del Giglio un secolo fa vista dall'Arciduca d'Austria

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 23 gennaio 2005

Vogliamo riproporre la traduzione di alcuni brani dell’opera “Die Insel Giglio” eseguita nel lontano 1927 dal nostro concittadino Scipione Modesti, padre del noto giornalista Girolamo Modesti, iniziando proprio dalla prefazione del traduttore. Ricordiamo che del libro esistono soltanto due versioni. “Quest’opera fu pubblicata anonima a Praga, nell’anno 1900, in lingua tedesca, su edizione di gran lusso e riccamente illustrata, col titolo: DIE INSEL GIGLIO (Praga 1900: Druck und Verlag von Heinr. Mercy Sohn.) L’autore che volle conservare l’anonimo, è Sua Altezza Reale e Imperiale, l’Arciduca Salvatore Luigi d’Austria. Egli nell’anno 1898 si recò al Giglio con il suo magnifico yacht, che teneva ancorato nel golfo del Campese, e colà dimorò parecchi giorni, visitando minutamente l’isola, e raccogliendo gran copia di notizie. Ogni giorno soleva fare le sue escursioni, cavalcando un asinello, con la guida d’un contadino del Campese. Andava vestito con semplicità e quasi poveramente, onde non essere conosciuto, e per evitare la curiosità degli isolani, che si sarebbe esercitata in modo più particolare, ove si avesse avuto notizia che egli era discendente dei granduchi di Toscana. Frutto della sua visita è quest’opera, che rivela chiaramente nell’eminente personaggio un amore entusiasta per l’isola, stima grande per i suoi abitanti, e un’ammirazione profonda per le sue bellezze naturali, e per lo spettacolo dei panorami stupendi, che si offrono allo sguardo dalle sue alture. Il traduttore trovò per caso l’unica copia che esista al Giglio, nella torre del Campese, e lieto dei lusinghieri giudizi espressi sul suo paese nativo, ebbe l’idea di imprenderne la traduzione, al fine di farla conoscere ai suoi concittadini, e se fosse possibile, anche ai forestieri. L’Arciduca non esita a riconoscere che il Giglio potrebbe, anzi dovrebbe divenire un luogo preferito di villeggiatura e di stazione balneare, per le sue belle e numerose spiagge di arena, che hanno l’inestimabile pregio di essere coperte dalle ombre dei monti nelle ore pomeridiane; mentre quelle tanto frequentate delle coste occidentali d’Italia sono esposte ai raggi cocenti del sole, da cui male e a stento si cerca riparo con tende. E’ questo un vantaggio così grande e talmente gradito che dovrebbe indurre i bagnanti a ricercare le sue spiagge lunate, con mare limpidissimo e di un magnifico azzurro. Già sin dai primi tempi dell’Impero Romano essa era un luogo preferito di villeggiatura delle più eminenti famiglie patrizie che colà avevano costruito delle ville sontuose. La vicinanza dell’isola a centri importantissimi, quali Roma, Firenze, Livorno, ed il collegamento di essa col continente per mezzo del piroscafo postale giornaliero, dovrebbe anche contribuire a dirigere colà un numero sempre maggiore di bagnanti. Spettacoli di grande magnificenza e tali da esercitare un fascino potente sull’animo di chi è innamorato delle bellezze naturali offrono il suo caratteristico paesaggio, ed i panorami che si godono dall’alto delle sue vette, i quali abbracciano una zona vastissima in cui lo sguardo estasiato può liberamente spaziare sull’immensa superficie del mare e spingersi sino ai lontani monti che emergono sull’azzurro delle acque, oltre Civitavecchia, percorrere in giro il litorale toscano, sino al promontorio di Piombino, e posarsi sull’Elba, Pianosa, su Montecristo, sulla Corsica, di cui, nei giorni sereni, si veggono le cime dei monti innalzarsi ardite nel cielo, bianche di neve. Le sue coste dirupate, i colossi dei suoi dirupi, fra cui caratteristico il faraglione, che si eleva, gigante immane, sulla liquida superficie del mare, l’insieme delle sue colline, quali verdeggianti dei pampini delle viti, che danno un’uva squisita, quali rivestite di bosco, altre nude e brulle, formano dei quadri di una bellezza suggestiva. Su quelle anime stanche, infastidite dalla vita febbrile, tumultuosa delle città, appestate dal frastuono assordante e impacabile, dal polverume che ci regala quella maledizione dei nostri tempi, che sono gli autoveicoli, minaccia perpetua alla salute e alla incolumità di tutti; quale efficacia salutare non dovrebbe esercitare il golfo del Campese, così sorridente con la sua bella piaggia falcata, col suo mare limpidissimo, chiuso fra due poderose scogliere, e tutto dominato da una pace e da una quiete profonda e solenne? (continua)


torre del giglio porto

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